PAOLINA FERRETTI
Paolina Ferretti, sorella affezionatissima e devota del Beato
Gabriele, aveva sempre avuto in animo di preparare un sepolcro degno del suo
grande fratello.
E glielo aveva ingenuamente confidato quando era ancora vivente, per
cui il Beato la rimproverò severamente esprimendo la volontà di essere
seppellito umilissimamente.
Poi venne il tempo in cui la devozione fraterna di Paolina poté essere
soddisfatta.
Il sepolcro infatti fu costruito con i suoi pii lasciti, durante il
pontificato di Sisto IV (1371-1474) e di Innocenzo VIII (1484-1492); e il corpo
del Beato vi fu trasportato nel 1489, in forma privata e alla presenza di pochi
testimoni.
Il superbo mausoleo fu eretto proprio secondo i desideri di Paolina,
nonostante che Gabriele avesse scongiurato la pia sorella di non volere tanto
onore, per lui umile frate minore.
IL SARCOFAGO
L’opera monumentale si trovava a destra
dell’altare Maggiore di “San Francesco ad Alto”, dentro il presbiterio.
La parete frontale è ornata da festoni
di fiori da un cestino di frutta, da una lampada ardente e da un libro aperto.
Sopra il coperchio l’artista vi ha adagiato la statua del Beato: cappuccio in
testa, mani incrociate, profilo nobile; la figura dorme su un ricco cuscino.
Il Mausoleo porta scolpito nella parte
anteriore queste parole: “Sepulcrum Beati Gabrielis”. Di fronte si apre anche
una finestrella, da cui si poteva vedere il volto del sacro corpo.
L’opera fu attribuita a Giovanni De
Franceschi.
Il sarcofago nel 1868 fu trasportato da
“San Francesco ad Alto” alla Cattedrale di San Ciriaco.
Noi abbiamo avuto la gioia di
descrivere questo superbo mausoleo, osservando disegni e fedeli riproduzioni
fotografiche, perché l’opera ora è semidistrutta dai bombardamenti di Ancona
che nell’ultima guerra (1940-45) ha colpito la Cattedrale di San Ciriaco e la
Cripta dove era stato collocato.
Le spoglie preziose del Beato in
quell’anno non c’erano più in Cattedrale, perché nel 1943 furono trasportate,
per opera di Padre Guido Costantini, Frate Minore e Parrocco di San Giovanni
Battista, a Capodimonte.
L’EFFIGIE DEL
BEATO NELL’OPERA DEL CRIVELLI
Il mausoleo descritto e l’onorata
sepoltura facilitarono subito la devozione del popolo verso il Beato, perché i
Frati Minori si adoperarono per rendere immortale la santità di Gabriele.
Nel frattempo casa Ferretti si
preoccupava di tramandare ai posteri la
vera effigie del suo grande antenato. E, pochi anni dopo il suo trapasso, il
celebre pittore Carlo Crivelli delineava a vivi colori, propri dell’arte
veneta, il quadro del Beato, estatico davanti alla Vergine, per incarico dei
Conti Ferretti. L’opera incantevole, datata 1466, ha ornato la parete destra
del presbiterio di “San Francesco ad Alto” sopra il mausoleo del Beato.
Il capolavoro descrive la visione di
Gabriele tra i pini del Convento.
Nel 1861 il Convento e nel 1862 la
Chiesa “ad Alto” furono chiusi per causa della soppressione dei religiosi; ma
il prezioso originale si conservava già in casa Ferretti in Via Guasco. Non è
scomparso e il Padre Costantini afferma che il 28 gennaio 1943 la Contessa
Venanzoni Ferretti gli riferì che il quadro del Crivelli si trovava a Londra.
Infatti noi abbiamo ricavato dai registri del Museo dorico che il quadro del
Crivelli si trova alla Galleria Nazionale di Londra, catalogato con il n.668.
IL 12 NOVEMBRE
I devoti del Beato non si
stancavano di pellegrinare a Capodimonte e ogni giorno il suo sepolcro era
teatro di meraviglie. Fiori e lumi ardevano continuamente.
Ogni anno il 12 novembre, anniversario
della preziosa morte di Gabriele, il popolo saliva più numeroso presso la
Chiesa dei Frati Minori per ricevere i Sacramenti e implorare l’intercessione
del Compatrono di Ancona.
Alcuni oggetti usati dal Beato, tra cui
un pezzo di mantello e il berrettino, furono trattati con riverenza dal popolo
e conservati gelosamente presso la Sacrestia. I devoti richiedono anche oggi di
toccare queste reliquie per devozione al Beato, e i sofferenti, specialmente di
emicranie, chiedono la cosiddetta “benedizione con il berrettino del Beato
Gabriele”. Al contatto di tali reliquie molti malati si sentono sollevati.
OLIO DELLA
LAMPADA
Ai lati del mausoleo i Frati Minori
tenevano perennemente accese due lampade ad olio. I devoti incominciarono a
chiedere di essere unti con quell’olio e il Beato Gabriele operava prodigi sui
malati segnati con l’olio delle sue lampade.
L’olio arde da secoli presso l’urna del
Beato e anche oggi nel suo nuovo santuario di Capodimonte, i fedeli continuano
a richiedere quell’olio, diventato prodigioso, per portarlo in casa e tracciare
con esso il segno di croce sui malati.
Dai paesi circonvicini e anche dalle contrade lontane
venivano i fedeli ai piedi del Compatrono di Ancona. La fama dei prodigi
operati dal Beato si allargava sempre di più, in molte cittadine delle Marche,
specialmente in Osimo; raggiunse, dice lo storico, perfino il Regno di Napoli,
e i pellegrini facevano sempre la strada a piedi verso il Sepolcro glorioso.
Si moltiplicavano i suoi devoti, ma si
moltiplicavano anche i prodigi; i fedeli chiedevano di toccare le sue reliquie,
specialmente il mantello che egli aveva usato; e un sacerdote francescano lo
portava anche agli infermi della città, degenti nelle proprie case.
Questa devozione continuò
ininterrotta per secoli e la testimonianza del culto prestato al Beato, dopo
trecento anni dalla sua preziosa morte, è stata la più fulgida ed efficace testimonianza
al processo per la conferma ufficiale del culto.
NEL 1753
Benedetto XIV decretava gli onori degli
Altari all'ex Conte Ferretti. Questo fausto avvenimento ha glorificato
ufficialmente il Beato Gabriele e ha rallegrato il suo popolo devoto, che da
secoli lo venerava.
I miracoli portentosi e ininterrotti
parlavano.
Il Padre Giuseppe da Torino,
postulatore generale dell'Ordine Francescano per le cause dei Santi,
sollecitato anche dal pio Conte Benedetto Ferretti, istruì il processo presso
il Vescovo di Ancona. Mons. Nicola Manciforte (1746-1762) il 29 aprile 1752
proferì la sentenza del culto prestato ininterrottamente al Beato. Il 9
settembre 1753 Benedetto XIV confermò la sentenza del Vescovo Nicola e ne
approvò solennemente il culto.
Per solennizzare l'evento,
Ancona organizzò grandiosi festeggiamenti: nei giorni 19-21 maggio 1754 il
Colle di Capodimonte fu invaso da una folla enorme, per assistere alle
grandiose celebrazioni in onore del Beato Gabriele.
Il 28 agosto 1754 la Congregazione dei Riti
concesse anche l'Ufficio proprio e la Santa Messa del Beato Gabriele per la
Diocesi di Ancona e per tutto l'ordine dei Frati Minori. Il nuovo breviario
romano-serafìco ha fìssato la festa nel 12 Novembre, giorno sacro per il
trapasso del Beato da questa terra al cielo!
UN PENSIERO GENTILE E UNA OFFERTA...
La commemorazione annuale del 12 novembre, assunse ben presto uno
sviluppo grandioso. In quel giorno Ancona saliva tutta a Capodimonte in una sagra
cittadina in onore del Beato. La festa era di tutti, ma soprattutto dei bambini
e dei poveri, dei malati e dei bisognosi, che erano stati sempre l'oggetto
delle sue più squisite attenzioni.
I Frati Minori ne furono testimoni e suggerirono ai
nobili discendenti di Gabriele, i Conti Ferretti, un modo grazioso e pio per
ricordare a tutti l'amore che Gabriele aveva sempre nutrito per i poveri del
buon Dio.
Il
Conte Cav. Giovanni Ferretti, il 6 novembre 1786 impose con suo testamento agli
eredi di sborsare ogni anno per “il giorno del Beato”, il 12 novembre, una
offerta di 15 scudi da donare ad una giovane povera di Ancona. Ogni Parrocchia
della città inviava al Padre Guardiano di Capodimonte, ogni anno, la fanciulla
povera, che insieme alle altre giovani di tutte le parrocchie di Ancona,
partecipava al sorteggio dei 15 scudi. Dopo il Vangelo della Messa solenne, il
Superiore del Convento sorteggiava davanti al popolo i nomi; e la fanciulla
preferita dalla sorte riceveva il dono dei 15 scudi in onore del Beato.
Il Melchiorri, nella sua “Leggenda del
Beato Gabriele Ferretti” descrive fedelmente la ricognizione operata dal
Vescovo Nicola Manciforte il 4 settembre 1757. Intanto il Cav. Benedetto Conte
Ferretti in occasione della traslazione del Corpo del Beato dall'antico al
nuovo deposito, aveva fatto decorare la prima cappella a sinistra di chi
entrava nella Chiesa di “San Francesco ad Alto”.
La cappella era stata arricchita di
pregiati marmi; e sopra il primo altare del Beato troneggiava il quadro di
Stefano Parocel, opera dolcissima eseguita nel 1756 e la cui immagine viene
continuamente riprodotta e distribuita ai devoti. Il pittore insiste sul
medesimo tema: il Beato rapito in estasi davanti alla Madonna.
LA VOCE DELLA FEDE
Il più bel poema però, che i secoli
cantano al Beato è la serie ininterrotta di prodigi che la cronaca appunta ogni
giorno a maggior gloria di Dio che si rende mirabile nel suo Servo fedele.
E allora cantaci tu, piccolo Anacleto
Gigliucci di Ancona, con voce argentina, la gloria di Gabriele, che nel lontano
1797 rallegrò i tuoi genitori quando ti videro correre per la prima volta, dopo
tre anni di paralisi alle gambe, presso l' Altare del Beato.
E tu, pio Luigi Rondini, pure di
Ancona, raccontaci come al contatto del berrettino del Beato guaristi; tu che
il 18 maggio 1800, balzando dal letto, dove ti aveva inchiodato per un mese la
acerba immobilità, sei andato a piedi a ringraziare il Beato a Capodimonte.
E tu, e tu, e tu... devoti
senza nome, anime sconsolate, corpi affranti, che ogni giorno sperimentate
nell'alone della Fede la gloria immortale del Beato Gabriele...
IL PRIMO
CENTENARIO DELLA BEATIFICAZIONE
Gli anni 1752-57 furono trionfali per la storia del culto prestato al Beato
Gabriele, perché si conclusero con la solenne Beatifìcazione, con la erezione
della cappella “Ferretti” in “San Francesco ad Alto”, e del primo altare al
Beato; con la ricognizione e traslazione del sacro corpo e con la celebrazione
del III Centenario del suo prezioso Transito.
Il Vescovo Nicola Manciforte donò in quel tempo (settembre 1756) una
preziosa reliquia del Beato ai Conti Ferretti, un osso del suo corpo
venerabile; e i frati minori acconsentirono anche che fossero consegnati ai
nobili discendenti del Beato Gabriele “il vecchio abito, che aveva rivestito il
Servo di Dio, il cuscino e il fazzoletto sui quali appoggiava il capo, la
tovaglia che era distesa sotto il suo corpo”. Tutte queste reliquie furono
esposte in una cappella rurale dei Conti Ferretti, che il Padre Stanislao
Melchiorri, autore de “La leggenda del Beato Gabriele...” (1844), dichiara che
nei suoi tempi ancora esisteva.
Si diffondeva così la devozione al Beato, che segnò pagine gloriose di
fede; ma gli anconitani aspettavano un altro felice evento: Erano ormai passati
molti anni dalle celebrazioni del 1756, e si avvicinava a grandi passi il
quarto Centenario (1856) del Transito Beato dell'Angelo di Ancona.
In
questa circostanza la città dorica fece a gara per dimostrare il suo
attaccamento al Compatrono, organizzando una duplice celebrazione: il I°
Centenario della Beatificazione del Beato Gabriele e il IV Centenario della
morte.
Era il 6 settembre 1856: il rione di Capodimonte assisteva ancora una
volta al prodigio di una folla numerosissima accorsa ai piedi del Beato
Gabriele; al cadere della sera, il Padre Domenico da Montemilone, illustre
oratore e confratello del Beato, decantava dal pulpito la gloria quattro volte
centenaria dell'Angelo di Ancona.
LA CITTADELLA SPIRITUALE DI ANCONA
L'eco grandiosa di questa apoteosi commosse tutti gli anconitani e
raggiunse le contrade più lontane.
Il Beato moltiplicava così i pellegrini al suo altare,
agitava nell'animo di tutti la fiamma dell'amore di Dio; convertiva i
peccatori; rallegrava gli innocenti!
Per gli anconitani Frate Gabriele non era morto; ma lo
sentivano sempre in mezzo a loro, come quando era vivente, a condividere le
ansie e le lotte di ogni giorno, per cui il Beato accende le glorie del suo
patrocinio celeste su tutta la città.
L'aureola della sua
santità si dilatava sempre più; e quando il conte Giovanni Maria
Mastai-Ferretti diventò Pio IX, il Vicario di Cristo e Sovrano dello Stato
Pontificio scese da Roma per venerare le spoglie gloriose del suo illustre
antenato!
Nei giorni 22-24 maggio 1857 il Papa Pio IX fu ospite della città di
Ancona. Prima di lasciare la città dorica, volle salire il colle Astagno per
visitare la fortezza, opera di
Antonio da Sangallo, posta a difesa della città e del golfo.
Era il 24 maggio1857: Pio IX usciva dal forte di Capodimonte, quando un
improvviso temporale colse il corteo papale. A due passi c'era il Convento del
Beato Gabriele, e il Papa comandò di entrare a “San Francesco ad Alto”. I
cocchieri frenarono l'impeto dei cavali sbuffanti sotto gli scrosci violenti
del temporale, le guardie pontificie di scorta presentarono le armi e Pio IX
varcò la soglia del Convento!
La Provvidenza aveva voluto così che il Vicario di Cristo, Sovrano dello
Stato Pontificio, dopo aver visitato il forte, garanzia sicura contro le
minacce di nemici materiali, avesse visitato il Sepolcro del Beato Gabriele,
cittadella spirituale, inespugnabile, di tutta Ancona, alla quale il popolo ha
appeso tutte le sue speranze contro ogni nemico dello spirito e della carne!
Il
forte Pontefice Pio IX, discendente della nobile stirpe Mastai-Ferretti, si
reputò doppiamente felice di aver potuto venerare Colui che dopo aver
illustrato con le sue rare virtù il suo nobile casato, sprigionava ora dal
Cielo raggi potenti di santità per proteggere la città dorica e i suoi sudditi.
Il
Sovrano dello Stato Pontificio e Vicario di Cristo ricevette in udienza tutti i
Frati Minori del Convento nella sacrestia di “San Francesco ad Alto” e li
ammise al bacio del sacro piede; quindi con tutto il suo seguito si
prostrò davanti alle spoglie gloriose del Beato Gabriele.
Il Pontefice ammirò il primo altare del
Beato, che il genio e la munificenza avevano arricchito di arte; pensò a tutti
i devoti del Conte Frate, e perciò, prima di uscire dal Convento “Ad Alto”
volle lasciare al Padre Guardiano dei Frati Minori un autografo con cui
concedeva il privilegio all'altare del Beato Gabriele.
Ora il temporale era cessato, e il sole, come d'incanto, aveva ripreso
a brillare sul colle Astagno: Pio IX, edificato e quasi ricreato dinanzi alla
gloria del suo illustre antenato, benedisse i Frati e risalì la carrozza
pontificia verso il Palazzo Apostolico.
A perenne memoria del fatto venne posta nella sacrestia di “San
Francesco ad Alto” una lapide commemorativa.