Una graziosa leggenda ci ha tramandato
il popolo anconitano. Di notte tempo un lume prodigioso sale sulla vetta della
chiesa del Santuario del Beato; folgoreggia sulla croce; poi si snoda per il
lungo tetto.
Il popolo vede!
Quella luce si sprigiona dal
sepolcro glorioso e, dopo aver guizzato in fantastiche fiammelle per le arcate
del tempio, sale sulla torre sonante, tocca i sacri bronzi, si accende più
luminosa sulla croce del campanile, discende sul timpano della chiesa e poi
corre a rifugiarsi nuovamente dentro l'Urna di Gabriele.
E' una leggenda, ma essa mette il dito nel cuore di Ancona, che
sente nella gloria imperitura del suo Beato la luce che guida. Quel lume è il
sole che illumina le menti, riscalda i cuori di tutto il popolo che nel Beato
ha riposto la sua fiducia. Quel lume è la speranza, che egli non lo voglia
abbandonare, mai; è la carità che affratella
e che riunisce i cuori in un corteo d'amore verso Dio! Quel lume è la storia
religiosa di Ancona, che invoca Gabriele per suo grande Compatrono.
IL CONVENTO DI SAN
GIOVANNI IN CAPODIMONTE
Perché quel lume non si spenga, i Frati
Minori sono restati sul fatidico Colle Astagno; e se infauste vicende storiche
hanno distrutto la chiesa di “San Francesco ad Alto” e il suo convento, nei
pressi di quel luogo prodigioso che ha visto le gesta del Beato, la Provvidenza
ha chiamato i Frati Minori nel nuovo convento di San Giovanni Battista.
Il 25 aprile 1884, infatti, il Card.
Achille Manara, Arcivescovo di Ancona, concedeva in perpetuo la parrocchia di
San Giovanni Battista ai Frati Minori delle Marche.
Il primo parroco fu Padre Colombo
Tisei da San Donato e prese possesso della parrocchia il 26 aprile 1884.
Due anni dopo, nei locali
annessi alla chiesa fu eretto canonicamente il convento di San Giovanni
Battista e il Primo Superiore fu il Padre Gabriele Bruschi.
Lo zelante Padre Gabriele Bruschi, omonimo del
Beato, in occasione del trasferimento del sacro corpo dall'altare del
Crocifisso in Cattedrale, ad un altare della cripta della Madonna, scrisse una
lettera al Card. Manara in cui riconfermava in modo assoluto gli inalienabili
diritti che l'Ordine francescano aveva sui resti mortali del Beato Gabriele
(1898), ma non fu restituito ai Frati Minori. Le venerate Spoglie avevano
patito ed erano molto deteriorate per cui fu necessario un lungo ed accurato
intervento del Dott. Taddeo Taddei per salvarlo dallo sfacelo (1901).
GABRIELE RITORNA
Il Colle Astagno aspettava. Aveva visto
partire le spoglie del Beato in quel tramonto infausto della soppressione
religiosa, ma ormai era giunta l’ora in cui le sacre Spoglie sarebbero
ritornate a risplendere presso il bosco dei pini.
Erano cessati i motivi per cui i Frati
Minori avevano consegnato al Guasco il Beato. Perciò il Superiore Padre Guido
Costantini, chiese ed ottenne di riportare sul Colle Astagno l’incorrotta Salma
del venerato confratello.
Il 30 gennaio 1943 il Beato ritornò, e il santuario riprese il suo
cammino. Qualche nonagenario forse poteva ricordare la mesta discesa, verso il
Guasco, del sacro corpo, la sera del 14 maggio 1862, ma prima di morire il
Beato gli si è fatto rivedere risalire il suo colle.
Il giorno dopo tutto il rione di
Capodimonte si riunì festante intorno alle sacre Spoglie del Beato in un triduo
solenne di preghiere.
COME I FIORI
All’ombra del sepolcro del Beato
Gabriele sono fiorite otto stupende realizzazioni che vanno sotto il nome
generale “Opera francescana di Protezione derelitti Padre Guido”.
Il Padre Guido Costantini da molti
anni soffriva della passione per gli umili e per i poveri abbandonati dagli
uomini e dalle loro istituzioni, perché senza nome. Sentiva che questi
derelitti imploravano soltanto la pietà dei buoni.
Sul venerato sepolcro del Beato
confratello, il detto padre si ispirava e così spuntavano i fiori fecondi di
carità. Nel 1937, proprio a San Giovanni si iniziava la Mensa del povero. Sin
d'allora quanti poverelli e randagi hanno trovato e trovano ogni giorno il
piatto caldo di minestra riempito dall'amore dei buoni! Successivamente sorgeva
la custodia dei figli del popolo, il Laboratorio vestiari usati, l'Assistenza a
domicilio, Scuola di lavoro per l'eleganza cristiana. Nel 1947 nasceva
l'Ospizio Infanzia abbandonata, ora diviso in due sezioni: uno, piccolo, in Via
Pescheria, e un secondo, grande, in Via Carmine di Posatora. In quest'ultimo vi
sono anche tutte le cinque classi elementari parifìcate: ultima felice
realizzazione.
Quante volte, e ora non si contano più,
il Beato Gabriele ha fatto sentire la sua potente protezione, intervenendo,
consolando, aiutando in un modo addirittura insperato! Non per nulla le
ricoverate lo pregano fervidamente tutti i giorni affinché protegga tutta
l'Opera francescana, tutto il personale assistente, tutti gli amici, tutti i
cari benefattori”.
NOI IRRADIAMO L’AMORE
Queste opere di amore sono fiorite
sotto la protezione del Beato. “Noi irradiamo l'amore”! è stata la diana che ha
ingaggiato una battaglia di carità operosa sul Colle Astagno, dove il Padre
Guido ha riunito nel nome del Beato, i poveri, gli orfanelli, i derelitti…
Quest’opera è sua, proprio sua, perché
il Beato, nei derelitti del Padre Guido, rivede i suoi poveri, quelli che lui
stesso aveva soccorso da vivo.
In un canto d’amore, l’apostolato tra i
bisognosi si è ingrandito, ha preso proporzioni colossali, e dovunque c’è un
assistito del Padre Guido, ivi c’è un cuore benedetto dal Beato. Quest’opera ha
varcato i confini della città; si è dilatata in un respiro larghissimo e ha
preso carattere nazionale.
ALL’OASI DELL'IMMACOLATA
La guerra ultima del 1939-45 ha scatenato tutte
le sue furie sul Colle Astagno.
Padre Guido Costantini, Parroco di San Giovanni, fondatore dell'Opera francescana
per i poveri, tra il turbine della guerra, ha visto soltanto il Beato e i suoi
poveri. Se anche tutto fosse andato distrutto, le Spoglie di Gabriele dovevano
essere salve!
Alla
contrada del “Carmine”, presso l'antica chiesina, il Beato ha trovato il suo
rifugio. Vivente, il suo rifugio era stato Maria; ora che l'odio furente della
guerra con tutte le sue distruzioni, stava per fare scempio delle sue stesse
venerate Spoglie, Maria sarà la salvezza.
La
Madonna ha voluto così dimostrare la sua predilezione al suo Servo fedele, che
in vita tanto l'aveva onorata.
Il
Padre Guido, con i Frati Minori di Capodimonte, aveva trasportato il corpo del
Beato dentro la chiesina del
“Carmine”, presso la Colonia dell'Opera francescana.
Su quel quadrato sarebbe sorta “l'Oasi
dell'Immacolata”, futuro ospizio per l'infanzia abbandonata e casa di noviziato
delle “Missionarie della Carità”.
Ora possiamo constatare che nei mesi in cui il Beato è stato
sfollato al “Carmine”, ha agitato proprio Lui quel fermento, che doveva
sviluppare la grande massa dell'Opera di amore per i poveri.
IL PRIMO A RITORNARE
Ad Ancona intanto la guerra aveva fatto
strage. I Frati Minori piangevano sul Convento e la Chiesa distrutti. Pochi
ruderi e molte macerie si levavano contro il cielo di Ancona a scandire le
lugubri note della distruzione.
Sembrava che tutto fosse
finito: silenzio e morte erano d'intorno.
“I centomila di Ancona, così scrive il P. G. Cecchetti, i
fortunati non ancora colpiti dai bombardamenti, erano sciamati lontano, per le
campagne. In città erano rimasti appena cinque mila, e quasi sempre sotto i
rifugi: tutto mancava loro. Nello spasimo lento e quotidiano, questi vedevano
ogni tanto, quali angeli, i pochi e coraggiosi sacerdoti rimasti. Uno
specialmente, nella veste del poverello di Assisi era ogni giorno
particolarmente atteso come si attende un padre, un fratello. Padre Guido dopo
aver ramingato durante tutto il giorno per raccattare latte, pane, verdure,
generi d'ogni specie, al mattino seguente inappuntabilmente era là sotto,
specie al rifugio di Via Astagno, felice di donare un po' di sollievo nel nome
di San Francesco e del Beato Gabriele. Erano bambini, vecchi, ammalati,
profughi di ogni colore che ascoltavano allora la Santa Messa in quegli antri
sotterranei, mentre lacrime di commozione scintillavano negli occhi di tutti;
e, dopo quella suprema comunione di anime, si rifocillavano tutti con quella
provvidenza che il figlio di San Francesco aveva loro così amorevolmente
portata. La preghiera del Beato Gabriele era come il fiducioso arrivederci,
anzi il sicuro appuntamento per l'incerto e spaventoso domani. Ma chi potrà e
vorrà descrivere tanti episodi di bontà ed eroismo? Le parole scolorirebbero
forse ogni gesto e lasciamo che una pagina così eloquente resti scritta prima
di tutto nel cuore di Dio e nei cuori di tutti quelli provati allora da tante
sventure”.
I sopravvissuti sapevano e infatti
videro presto che tra le macerie di Capodimonte pulsava un cuore, quello del
Beato, che dava il via alla ricostruzione, lenta, faticosa, ma tenace.
Fra le macerie, la vita parrocchiale
di Capodimonte; che non aveva mai cessato pur tra gli eroici sacrifici dei
Frati Minori, aveva ripreso in pieno! I Frati si ostinavano intanto ad abitare
quattro stanze restate miracolosamente in piedi. Il Padre Guido aveva allestito
la sala parrocchiale scampata alla distruzione, a Chiesa; e sotto
l'improvvisato Altare, Gabriele era ritornato a benedire i suoi devoti.
“Nel dopo-guerra,
così difficile e così duro, specialmente per il popolo di Ancona martoriata da
quasi duecento bombardamenti, semidistrutta nei suoi quartieri periferici, con
nel lastrico tante famiglie, i dolori e le miserie più accorate hanno levato il
grido possente di soccorso con tragedie e odissee senza nome. Perciò l'Istituto
Francescano, che sebbene fosse stato colpito da bombe, pure non era morto -
perché le opere dell'amore non muoiono - si accinse subito alla ricostruzione”.
II Beato suscitava questa
fede nei suoi confratelli, e anche i muri ritornavano nuovi.
II 13 aprile 1950 per le
vive premure del Parroco Padre Vittorio Foschi, incominciarono i lavori di
ricostruzione della Chiesa e il 15 giugno 1951 i lavori del Convento. L'opera
fu finanziata dal Governo, ma per completare il tutto e ridare un po' di
splendore alla casa del Beato, occorsero sacrifici finanziari dei Frati Minori
e di cari benefattori. Anche il Commissario Provinciale di Terra Santa ha
concorso con rilevante offerta, perché ha fìssato la sua sede Regionale nel
Convento di Capodimonte.
LA CAMPANA DEL BEATO
Il 22 Marzo 1952 S. E. Mons. Egidio
Bignamini, Arcivescovo di Ancona, consacrava solennemente l'Altare della
Chiesa, presenti il Provinciale dei Frati Minori delle Marche, Padre Armando
Quaglia, alte personalità e numeroso popolo. Con questa solennità il Tempio è
stato riaperto al culto; e il popolo fece grande festa al suo Beato perché
aveva visto con evidenza la sua mano nella rapida ricostruzione del Santuario.
Il 21 giugno 1953 le campane ripresero a
suonare. E l'inno dei nuovi bronzi consacrati rallegrò Capodimonte e i devoti
del Beato. Nell'odio scatenato dalla guerra, il bronzo dei cannoni aveva
seminato la distruzione e il terrore, ora la campana del Beato Gabriele era
ritornata ad annunziare “quando sorge e quando cade il die - e quando il
sole a mezzo corso il parte”, la voce dell'amore sul colle Astagno e sulla
città dorica, invitando i fedeli alla preghiera.
Nel maggio 1955 la mano della pietà
dava l'ultimo ritocco alla nuova cappella del Beato. Il Padre Superiore dei
Frati Minori Padre Armando Riccobelli con il concorso di pii benefattori
completava la decorazione della cappella del Beato. Il pittore anconitano
Erminio Gasparri ha reso festoso il sepolcro di Gabriele.
Sotto l'altare di marmo riposa il suo
sacro corpo; sopra, il Parocel canta la gloria plurisecolare del Beato
Gabriele, nella visione di Maria tra i pini del Convento “ad Alto”.
I devoti accorrono, ogni
giorno, e in ogni bisogno al santuario; e il Beato continua a benedire, a
confortare e a compiere prodigi.
CON LE BRACCIA APERTE
Ci sembra di vederlo; Lui, il Beato,
nobile, grazioso, santo, balzare contro il cielo azzurro di Ancona!
Ci sembra di vederlo; Lui, il
Beato stendere un gesto magnifico, benedicente, largo come il mare, sul popolo
di Ancona!
Ci sembra di vederlo; Lui,
il Beato, Angelo tutelare col suo cuore aperto, pieno di dolcezza, di
carità,... come Cristo, in un amplesso supremo di amore per richiamare i
traviati, confortare i deboli, salvare tutti.