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XV GIORNATA MONDIALE DELLA GIOVENTU’

L’omelia di GIOVANNI PAOLO II durante l’indimenticabile veglia a Tor Vergata

 

VEDO IN VOI LE “SENTINELLE DEL MATTINO”

IN QUEST’ALBA DEL TERZO MILLENNIO

 

1.   Voi chi dite che io sia?” (Mt.16,15).

Carissimi giovani e ragazze,

con grande gioia mi incontro nuovamente con voi in occasione di questa Veglia di preghiera, durante la quale vogliamo metterci insieme in ascolto di Cristo, che sentiamo presente tra noi. E’ Lui che ci parla.

         Voi chi dite che io sia?”. Gesù pone questa domanda ai suoi discepoli, nei pressi di Cesarea di Filippo. Risponde Simon Pietro: “Tu sei il Cristo, il Figlio del Dio Vivente” (Mt.16,16). A sua volta il Maestro gli rivolge le sorprendenti parole: “Beato te, Simone figlio di Giona, perché né la carne né il sangue te l’hanno rivelato, ma il Padre mio che sta nei cieli” (Mt.16,17).

         Qual è il significato di questo dialogo? Perché Gesù vuole sentire ciò che gli uomini pensano di Lui? Perché vuol sapere che cosa pensano di Lui i suoi discepoli?

         Gesù vuole che i discepoli si rendano conto di ciò che è nascosto nelle loro menti e nei loro cuori e che esprimano la loro convinzione. Allo stesso tempo, tuttavia, egli sa che il giudizio che manifesteranno non sarà soltanto loro, perché vi si rivelerà ciò che Dio ha versato nei loro cuori con la grazia della fede.

         Questo evento nei pressi di Cesarea di Filippo ci introduce in un certo senso nel “laboratorio della fede”. Vi si svela il mistero dell’inizio e della maturazione della fede. Prima c’è la grazia della rivelazione: un intimo, un inesprimibile concedersi di Dio all’uomo. Segue poi la chiamata a dare una risposta. Infine, c’è la risposta dell’uomo, una risposta che d’ora in poi dovrà dare senso e forma a tutta la sua vita.

         Ecco che cosa è la fede! E’ la risposta dell’uomo ragionevole e libero alla parola del Dio vivente.

Le domande che Cristo pone, le risposte che vengono date dagli Apostoli, e infine da Simon Pietro, costituiscono quasi una verifica della maturità della fede di coloro che sono più vicini a Cristo.

2.  Il colloquio presso Cesarea di Filippo ebbe luogo nel periodo pre-pasquale, cioè prima della passione e della risurrezione di Cristo. Bisognerebbe richiamare ancora un altro evento, durante il quale Cristo, ormai risorto, verificò la maturità della fede dei suoi Apostoli. Si tratta dell’incontro con Tommaso apostolo. Era l’unico assente quando, dopo la risurrezione, Cristo venne per la prima volta nel Cenacolo. Quando gli altri discepoli gli dissero di aver visto il Signore, egli non volle credere. Diceva: “Se non vedo nelle sue mani il segno dei chiodi e non metto la mia mano nel suo costato, non crederò” (Gv.20,25). Dopo otto giorni i discepoli si trovarono nuovamente radunati e Tommaso era con loro. Venne Gesù attraverso la porta chiusa, salutò gli Apostoli con le parole: “Pace a voi!” (Gv.20,26) e subito dopo si rivolse a Tommaso: “Metti qui il tuo dito e guarda le mie mani; stendi la tua mano, e mettila nel mio costato; e non essere più incredulo ma credente!” (Gv.20,27). E allora Tommaso rispose: “Mio Signore e mio Dio!” (Gv.20,28).

         Anche il Cenacolo di Gerusalemme fu per gli Apostoli una sorta di “laboratorio della fede. Tuttavia quanto lì avvenne con Tommaso va, in un certo senso, oltre quello che successe nei pressi di Cesarea di Filippo. Nel Cenacolo ci troviamo di fronte ad una dialettica della fede e dell’incredulità più radicale e, allo stesso tempo, di fronte ad una ancor più profonda confessione della verità su Cristo. Non era davvero facile credere che fosse nuovamente vivo Colui che avevano deposto nel sepolcro tre giorni prima.

         Il Maestro divino aveva più volte preannunciato che sarebbe risuscitato dai morti e più volte aveva dato le prove di essere il Signore della vita. E tuttavia l’esperienza della sua morte era stata così forte, che tutti avevano bisogno di un incontro diretto con Lui, per credere nella sua risurrezione: gli Apostoli nel Cenacolo, i discepoli sulla via per Emmaus, le pie donne accanto al sepolcro… Ne aveva bisogno anche Tommaso. Ma quando la sua incredulità si incontrò con l’esperienza diretta della presenza di Cristo, l’Apostolo dubbioso pronunciò quelle parole in cui si esprime il nucleo più intimo della fede: Se è così, se Tu davvero sei vivo pur essendo stato ucciso, vuol dire che sei “il mio Signore e il mio Dio”.

         Con la vicenda di Tommaso, il “laboratorio della fedesi è arricchito di un nuovo elemento. La Rivelazione divina, la domanda di Cristo e la risposta dell’uomo si sono completate nell’incontro personale del discepolo col Cristo vivente, con il Risorto. Quell’incontro divenne l’inizio di una nuova relazione tra l’uomo e Cristo, una relazione in cui l’uomo riconosce esistenzialmente che Cristo è Signore e Dio; non soltanto Signore e Dio del mondo e dell’umanità, ma Signore e Dio di questa mia concreta esistenza umana. Un giorno san Paolo scriverà: “Vicino a te è la parola, sulla tua bocca e nel tuo cuore: cioè la parola della fede che noi predichiamo. Poiché se confesserai con la tua bocca che Gesù è il Signore, e crederai con il tuo cuore che Dio lo ha risuscitato dai morti, sarai salvo” (Rm.10,8-9).

Nelle Letture dell’odierna Liturgia troviamo descritti gli elementi di cui si compone quel “laboratorio della fede, dal quale gli Apostoli uscirono come uomini pienamente consapevoli della verità che Dio aveva rivelato in Gesù Cristo, verità che avrebbe modellato la loro vita personale e quella della Chiesa nel corso della storia. L’odierno incontro romano, carissimi giovani, è anch’esso una sorta di “laboratorio della fede” per voi, discepoli di oggi, per i confessori di Cristo alla soglia del terzo millennio.

Ognuno di voi può ritrovare in se stesso la dialettica di domande e risposte che abbiamo sopra rilevato. Ognuno può vagliare le proprie difficoltà a credere e sperimentare anche la tentazione dell’incredulità. Al tempo stesso, però, può anche sperimentare una graduale maturazione nella consapevolezza e nella convinzione della propria adesione di fede. Sempre, infatti, in questo mirabile laboratorio dello spirito umano, il laboratorio appunto della fede, s’incontrano tra loro Dio e l’uomo. Sempre il Cristo risorto entra nel cenacolo della nostra vita e permette a ciascuno di sperimentare la sua presenza e di confessare: Tu, o Cristo, sei “il mio Signore e il mio Dio”.

     Cristo disse a Tommaso: “Perché mi hai veduto, hai creduto: beati quelli che pur non avendo visto crederanno” (Gv.20,29). Ogni essere umano ha dentro di sé qualcosa dell’apostolo Tommaso. E’ tentato dall’incredulità e pone le domande di fondo: E’ vero che c’è Dio? E’ vero che il mondo è stato creato da Lui? E’ vero che il Figlio di Dio si è fatto uomo, è morto ed è risorto? La risposta si impone insieme con l’esperienza che la persona fa della Sua presenza. Occorre aprire gli occhi e il cuore alla luce dello Spirito Santo. Allora parleranno a ciascuno le ferite aperte di Cristo risorto: “Perché mi hai veduto, hai creduto; beati quelli che pur non avendo visto crederanno”

3.          Carissimi giovani, anche oggi credere in Gesù, seguire Gesù sulle orme di Pietro, di Tommaso, dei primi apostoli e testimoni, comporta una presa di posizione per Lui e non di rado quasi un nuovo martirio: il martirio di chi, oggi come ieri, è chiamato ad andare contro corrente per seguire il Maestro divino, per seguire “l’Agnello dovunque va” (Ap.14,4). Non per caso, carissimi giovani, ho voluto che durante l’Anno Santo fossero ricordati presso il Colosseo i testimoni della fede del ventesimo secolo.

Forse a voi non verrà chiesto il sangue, ma la fedeltà a Cristo certamente sì! Una fedeltà da vivere nelle situazioni di ogni giorno: penso ai fidanzati ed alla difficoltà di vivere, entro il mondo di oggi, la purezza nell’attesa del matrimonio. Penso alle giovani coppie e alle prove a cui è esposto il loro impegno di reciproca fedeltà. Penso ai rapporti tra amici e alla tentazione della slealtà che può insinuarsi tra loro.

Penso anche a chi ha intrapreso un cammino di speciale consacrazione ed alla fatica che deve a volte affrontare per perseverare nella dedizione a Dio e ai fratelli. Penso ancora a chi vuol vivere rapporti di solidarietà e di amore in un mondo dove sembra valere soltanto la logica del profitto e dell’interesse personale o di gruppo.

         Penso altresì a chi opera per la pace e vede nascere e svilupparsi in varie parti del mondo nuovi focolai di guerra; penso a chi opera per la libertà dell’uomo e lo vede ancora schiavo di se stesso e degli altri; penso a chi lotta per far amare e rispettare la vita umana e deve assistere a frequenti attentati contro di essa, contro il rispetto ad essa dovuto.

4.          Cari giovani, è difficile credere in un mondo così? Nel Duemila è difficile credere? Sì! E’ difficile. Non è il caso di nasconderlo. E’ difficile. Non è il caso di nasconderlo. E’ difficile, ma con l’aiuto della grazia è possibile, come Gesù spiegò a Pietro: “Né la carne né il sangue te l’hanno rivelato, ma il Padre mio che sta nei cieli” (Mt.16,17).

Questa sera vi devo consegnare il Vangelo e lo farò. E’ il dono che il Papa vi lascia in questa veglia indimenticabile. La parola contenuta in esso è la parola di Gesù. Se l’ascolterete nel silenzio, nella preghiera, facendovi aiutare a comprenderla per la vostra vita dal consiglio saggio dei vostri sacerdoti ed educatori, allora incontrerete Cristo e lo seguirete, impegnando giorno dopo giorno la vita per Lui!

     In realtà, è Gesù che cercate quando sognate la felicità; è Lui che vi aspetta quando niente vi soddisfa di quello che trovate; è Lui la bellezza che tanto vi attrae; è Lui che vi provoca con quella sete di radicalità che non vi permette di adattarvi al compromesso; è Lui che vi spinge a deporre le maschere che rendono falsa la vita; è Lui che vi legge nel cuore le decisioni più vere che altri vorrebbero soffocare. E’ Gesù che suscita in voi il desiderio di fare della vostra vita qualcosa di grande, la volontà di seguire un ideale, il rifiuto di lasciarvi inghiottire dalla mediocrità, il coraggio di impegnarvi con umiltà e perseveranza per migliorare voi stessi e la società, rendendola più umana e fraterna. E’ Lui, Cristo!

Carissimi giovani, in questi nobili compiti non siete soli. Con voi ci sono le vostre famiglie, ci sono le vostre comunità, ci sono i vostri sacerdoti ed educatori, ci sono tanti di voi che nel nascondimento non si stancano di amare Cristo e di credere in Lui. Nella lotta contro il peccato non siete soli: tanti come voi lottano e con la grazia del Signore vincono!

5.          Cari amici, vedo in voi le “sentinelle del mattino” (cfr. Is.21,11-12) in quest’alba del terzo millennio. Nel corso del secolo che muore, giovani come voi venivano convocati in adunate oceaniche per imparare ad odiare, venivano mandati a combattere gli uni contro gli altri. I diversi messianismi secolarizzati, che hanno tentato di sostituire la speranza cristiana, si sono poi rivelati veri e propri inferni.

Oggi siete qui convenuti per affermare che nel nuovo secolo voi non vi presterete ad essere strumenti di violenza e distruzione; difenderete la pace, pagando anche di persona se necessario. Voi non vi rassegnerete ad un mondo in cui altri esseri umani muoiono di fame, restano analfabeti, mancano di lavoro. Voi difenderete la vita in ogni momento del suo sviluppo terreno, vi sforzerete con ogni vostra energia di rendere questa terra sempre più abitabile per tutti

Cari giovani del secolo che inizia, dicendo “” a Cristo, voi dite “” ad ogni vostro più nobile ideale. Io prego perché egli regni nei vostri cuori e nell’umanità del nuovo secolo e del nuovo millennio. Non abbiate paura di affidarvi a Lui. Egli vi guiderà, vi darà la forza di seguirlo ogni giorno e in ogni situazione.

 

 

 

         Maria Santissima, la Vergine che ha dettoa Dio durante tutta la sua vita, i Santi Apostoli Pietro e Paolo e tutti i Santi e le Sante che hanno segnato attraverso i secoli il cammino della Chiesa, vi conservino sempre in questo santo proposito! A tutti ed a ciascuno offro con affetto la mia Benedizione.

Voglio concludere questo mio discorso, questo mio messaggio, dicendovi che ho aspettato tanto di potervi incontrare, vedere, prima nella notte, e poi nel giorno. Vi ringrazio per questo dialogo, scandito con grida ed applausi. Grazie per questo dialogo. In virtù della vostra iniziativa, della vostra intelligenza, non è stato un monologo, è stato un vero dialogo.

C’è un proverbio polacco che dice: “Kto z kim przestaje, takim sie staje”. Vuol dire: se vivi con i giovani, dovrai diventare anche tu giovane. Così ritorno ringiovanito. E saluto ancora una volta tutti voi, specialmente quelli che sono più indietro, in ombra e non vedono niente. Ma se non hanno potuto vedere, certamente hanno potuto sentire questo chiasso. Questo chiasso ha colpito Roma e Roma non lo dimenticherà mai!

 

 

NOVITA’

 

MATTUTINO di Gianfranco Ravasi, in AVVENIRE del 2 settembre 2000

Le nuove opinioni sono sempre sospette e di solito incontrano opposizioni per nessun altro motivo se non perché non sono ancora comuni.

Trovo questa citazione del filosofo inglese John Locke (1632-1704) – che riporta alla mente di molti gli anni di studio nelle scuole medie superiori – all’inizio di un articolo di una rivista americana. La sua è una considerazione a doppio profilo. Ci sono, infatti, persone così raggrinzite in se stesse e nelle loro idee da temere ogni novità. E questo vale in tutti i campi, anche in quello ecclesiale. Don Mazzolari ammoniva: “Guai a chi ha paura della novità, di trovare un mezzo di apostolato più rispondente e più vivo! Santo quel cuore che serve le cause di Dio con audacia! Abbiate questa santa audacia che è espressione di fede!”.

Il gretto tradizionalismo non fa mai un buon servizio né alla Tradizione autentica né alla purezza della fede. Ma al buon Locke bisogna obiettare che tutte le opinioni, comprese le nuove, non possono essere accolte acriticamente, senza un vaglio e una verifica. E qui mi viene in mente – cito a senso – una battuta di un altro pensatore, l’antico Seneca, che osservava realisticamente come sia naturale che suscitino più interesse le cose nuove che non le cose grandi. Il vecchio Qohelet, sapiente biblico piuttosto pessimistico, notava che “non c’è nulla di nuovo sotto il sole” e aveva ragione anche se non del tutto, perché Isaia suggeriva di non ricordare più le cose passate, di non pensare più alle cose antiche “perché io, il Signore, faccio una cosa nuova” (43,18-19).

PASSATO E FUTURO CAMMINANO INSIEME NEL NOSTRO PRESENTE

 dal MATTUTINO, in AVVENIRE del 2 settembre 2000

 

 

La Santa Casa di Loreto è il luogo che accolse la Santa Famiglia di Nazaret.

Scrive Giovanni Paolo II: “Il ricordo della vita nascosta di Nazaret evoca questioni quanto mai concrete e vicine all’esperienza di ogni uomo e di ogni donna. Esso ridesta il senso della santità della famiglia, prospettando di colpo tutto un mondo di valori, oggi così minacciati, quali la fedeltà, il rispetto della vita, l’educazione dei figli, la preghiera, che le famiglie cristiane possono riscoprire dentro le pareti della Santa Casa, prima ed esemplare “chiesa domestica” della storia.

Nell’Angelus del 10 dicembre 1995 il Papa disse: “Chiedo a Maria Santissima che la Casa di Nazaret diventi per le nostre case modello di fede vissuta e di intrepida speranza. Possano le famiglie cristiane, possano i laici apprendere da Lei l’arte di trasfigurare il mondo con il fenomeno della divina carità, contribuendo così ad edificare la civiltà dell’amore”.

 

ANCON DORICA CIVITAS FIDEI

 

GENTILEZZA NEL PARLARE CREA FIDUCIA
GENTILEZZA NEL DONARE CREA AMORE

 

 

LA STORIA DI ANCONA

 

Origini e periodo romano

Il Cumerio era antichissimamente uno sperone molto più proteso sul mare, sì da formare un porticciolo ben riparato là dove sorgono oggi i Cantieri Navali. Attratti dalla sicurezza dell'approdo, antichi popoli vi prendono terra e si annidano sui costoni del Guasco e dei Cappuccini (1400 a.C.; secondo altri, 1100 a.C.). Dalla Sabina successivamente sopraggiungono i Piceni, guidati dall'uccello sacro a Marte, il Picchio. Influenze elleniche ed etrusche rendono sempre più civili gli abitanti.




 

 

SORRIDI nella monotonia del dovere quotidiano, per non rattristare chi ti vive accanto.
TACI quando ti accorgi che qualcuno ha sbagliato, per non ferirlo con l’umiliazione.
ELOGIA il fratello che ha fatto il bene.
RENDI un servizio a chi ti è sottoposto.
STRINGI cordialmente la mano a chi è nella preoccupazione o nella tristezza.

GUARDA con affetto chi nasconde un dolore e forse è più nervoso del solito.
RICONOSCI umilmente il tuo torto e chiedi perdono se hai offeso qualcuno.

Nell'anno 387 a.C. una colonia di Dori siracusani viene a stabilirsi sul Colle Astagno portando un soffio di più progredita civiltà; sorgono edifici maestosi e robusti, si costruiscono mura di difesa attorno alla città. Ecco perché Ancona ebbe l'appellativo di Dorica. Ormai Ancona incomincia a farsi temere; agguerrita e popolosa, respinge l'invasione dei Galli-Sènoni.

 Il cristiano si impegna ad una condotta esemplare soprattutto sulle strade guidando la propria auto con diligenza, con pazienza, con prudenza e cortesia per amore di Cristo che ci ha redenti, in riparazione delle offese che Egli riceve dagli utenti della strada, per evitare al prossimo ogni disagio.

 

 

SALUTA AFFABILMENTE GLI UMILI, QUELLI CHE SI SENTONO ABBANDONATI O MESSI DA PARTE.
 
PARLA CON DOLCEZZA AGLI IMPAZIENTI E AGLI IMPORTUNI.
FA’ TUTTO IN MODO CHE DIO, NEL TUO FRATELLO, SIA SEMPRE CONTENTO DI TE.

 

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