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       Come ci è stato tramandato dalla tradizione, oramai siamo abituati a vedere padre Giacomo in un abbigliamento un po' strano: una tunica di bigello, tutta rappezzata con cuciture a spago e sfilacciata in fondo da far vedere gli stinchi; un cappuccio della stessa stoffa, liso e consunto; un cordone di lana o canapa; un paio di sandali che aiutavano i due piedi, secchi come un legno, a camminare un po' meglio. Questo era anche il vestito di molti frati di allora.

       Ma lui aveva l’uso di portare qualche cosa di più: una saccuccia di pelle di vitello che faceva pendere al lato sinistro del cordone, ove metteva fave ammollite dalla sera precedente, agli, cipolle -che coltivava da sé- un po' di pane e una incartata di sale. A destra aveva una custodia in legno per occhiali; e per compagnia aveva sempre un bastone o una canna di bambù che non superava l’altezza delle sue spalle.

       A volte si portava qualche libro sotto braccio o nella sacca.

       Se, come avveniva negli ultimi anni, andava a cavallo, il bastone lo infilava di traverso; ma se camminava a piedi, come faceva nel periodo giovanile e, a volte, anche nella tarda età, quell’appoggio gli era indispensabile; non lo lasciava mai.

       Aveva molti acciacchi fisici, e appoggiarsi ad un bastone gli dava forza e sicurezza.

       Anche quando piantò il querceto, per farsi largo tra le ortiche, i rovi e le altre erbe ingombranti, usava il suo bastone.

       Un giorno, passando per la capezzaia, cioè per il margine inutilizzabile del campo, piantò il bastone a terra e ve lo lasciò.

       Con il tempo le ortiche, i rovi, le erbe lo circondarono e, crescendo, lo nascosero alla vista di tutti, quasi a proteggerlo.

       Nessuno seppe mai di quel bastone, né lui si ricordò di riprenderlo.

       Poi Giacomo andò lontano; predicò per molto tempo in tutta Italia, andò in Dalmazia, in Bosnia, in Boemia, in Ungheria e in altre parti e solo dopo tanti anni ritornò al suo convento e volle fare una passeggiata nel suo querceto. Allora si ricordò che tanti anni prima vi aveva piantato il suo bastone.

       Meraviglia!

       Quel bastone aveva attecchito, era divenuto bellissima quercia e lo diceva a tutti: “Questo era il mio bastone!”.

       Venne sorella morte e padre Giacomo, oramai santo, volò al cielo; ma la quercia restò e tanto ingigantì che dominava il suolo come un monumento.

       Un cattivo giorno, quando, tra tanti, si scelse con tanta perfidia proprio il bosco di san Giacomo per ricavarne legname per farne pescherecci, essa, che si era mostrata inattaccabile ai colpi delle accette dei legnaioli, si inchinò a metà, si spezzò, cadde.

       Ne restò un troncone enorme la cui circonferenza alla base misurava circa sette metri.

       Ma il bastone di san Giacomo sembrò non voler morire: nel centro del troncone rimasto in piedi vi nacque un pino come a perpetuarne la vita.

       Quel pino vivo e verde vi restò per moltissimi anni fino a che sia il pino che il troncone finirono per decrepitezza con grande dispiacere di tutti, e ogni volta che si passava e si passa per la via si dice: “Lì c’erano la quercia e il pino di san Giacomo”.

 

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