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       Quando nella metà del secolo XV i turchi, sotto la bandiera della mezza luna, avanzarono nella parte centrale dell’Europa dominando l’intero fronte dall’Adriatico al Mar Nero e piazzandosi nelle ridenti pianure dei fiumi Sava e Danubio, la quasi totalità delle popolazioni della zona di confine era soggetta a continue incursioni.

       A volte erano gruppi isolati che a piedi o a cavallo irrompevano nei paesi o nei casolari; a volte, invece, erano intere squadre di soldataglie che avanzavano nei vari territori e il loro passaggio era fonte di notevoli e interminabili guai.

       Ovunque essi giungevano davano l’assalto a tradimento, approfittando dell’oscurità della notte o delle prime luci dell’alba quando ancora tutti dormivano.

       Giunti presso le mura dei paesi, si disponevano per un attacco contemporaneo da tutte le vie d’accesso e, al momento opportuno, un segnale convenuto indicava il tempo dell’attacco, così che molte cittadine o gruppi di case isolate, assaliti di sorpresa, non riuscivano a organizzare per tempo la difesa ed erano sottoposti ad un massacrante pestaggio.

       Le porte delle case venivano sfondate e la gente, sorpresa all’improvviso nel sonno, cercava di difendersi come poteva; ma poi per timore del peggio, doveva soggiacere alle loro richieste. Quando i soldati avevano preso tutto ciò che poteva loro servire, coloro che si difendevano venivano uccisi e gli altri, uomini o donne che fossero, venivano portati via come ostaggi, per costringere in seguito i parenti a pesanti riscatti.

       Or avvenne che in una di quelle cittadine, ad Ostruznic, in una data sfuggita agli storici, in una notte silenziosa, accadde un fatto terribile.

       Mentre tutti dormivano, ecco che il nemico in agguato diede l’assalto precipitandosi rabbiosamente sulla cittadina e operando uno dei più pesanti saccheggi. Molti adulti furono uccisi nei loro letti a colpi di scimitarra, i bambini furono sgozzati e molte donne furono portate via senza pietà.

       Solo pochi, sentendo le voci disperate degli altri, si poterono salvare nascondendosi nei granai, nelle cantine, sui tetti o fuggendo nei boschi, e non restò loro che contemplare da lontano la città che andava distruggendosi tra le fiamme.

       Non passò molto tempo e san Giacomo giunse in quella regione; le poche persone sopravvissute, avvilite e disorientate per essere cadute in tanti lutti e povertà, essendo venute a conoscenza dell’arrivo del santo frate, accorsero a lui per invitarlo nella loro cittadina, per invocare il suo aiuto e udire una sua parola di conforto.

       San Giacomo adunò tutta la gente nella piazza, fece ai presenti un accorato discorso e garantì loro che, se si fossero comportati cristianamente e se fossero stati disposti a perdonare ai nemici i tanti e sì gravi danni ricevuti, il Signore li avrebbe certamente aiutati.

       Il popolo alle parole del santo francescano si commosse e accettò silenziosamente i suoi consigli cadendo in ginocchio e invocando la pietà di Dio.

       San Giacomo benedisse gli astanti, benedisse le loro case e le loro campagne lasciando in loro una grande speranza e serenità. Di poi, avendo udito che alcuni padri di famiglia si lamentavano per aver perduto tutto e che se almeno il laghetto, situato nei pressi della loro cittadina, avesse avuto pesci, tutti avrebbero potuto riprendere un po' di vita, egli, visto il loro buon animo, li invitò alla fiducia, li esortò a pregare con lui, e, recatosi con loro lungo la riva, nello stesso momento alzò il suo bastone e benedisse le acque.

       Dopo pochi giorni il laghetto divenne miracolosamente così ricco di pesci che quella gente vide in poco tempo rifiorire l’economia della cittadina.

       Il laghetto si chiama tuttora Il Lago di san Giacomo.

 

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