La gioventù di Domenico fu quella di una
persona duramente provata dalla vita.
Poiché la sua famiglia era numerosa, tra
fratelli e sorelle erano, infatti, diciotto, tutti dovevano lavorare sodo, e la
poca terra che avevano non era sufficiente a sostenere tutta quella comitiva.
Per questo il giovane Domenico fu
costretto a fare da garzone presso questo o quel contadino e si adattava a
falciare, a potare, a mondare il grano, a tagliare la legna, ad arare...
A volte conduceva al pascolo anche le
mucche e i buoi e li indirizzava nella pianura del fiume Tronto per la frescura
delle erbe e per la possibilità di dissetarsi. Tra
i molti lavori che doveva fare, questo era da lui preferito, perché, mentre le
bestie pascolavano, egli poteva pregare e studiare.
E tanta era la passione per lo studio che
una volta il tempo gli passò senza accorgersi, e, riconducendo le bestie alla
stalla con tanto ritardo, il contadino lo sgridò di santa ragione.
Un giorno fu visto meditare di fronte ad
un santino che portava sempre in tasca.
Un altro giorno, lasciando le bestie
sole, si recò dal parroco di Colonnella con certi libri per farsi spiegare
alcuni problemi ancora difficili per lui.
Il padrone, saputo il fatto, lo
rimproverò, gli diede la mercede per i servizi resi e lo licenziò.
Domenico rispose: “Chiedo un paio di
vitelli per una giornata e un coppo di ghiande”. Il padrone glielo concesse.
All’alba del giorno dopo Domenico iniziò
l’aratura e si trattenne a lavorare fino a che il sole era quasi verticale
sopra i campi.
Un amico, passando di lì, gli disse: “O
Domenico, quando sospendi il tuo lavoro? Non vedi che è mezzogiorno?”.
Ma Domenico replicò che il mezzogiorno
non era ancora venuto e lo invitò a sedersi all’ombra di una pianta.
Lui intanto proseguì a lavorare; dopo un
po' si fermò, liberò le bestie dall’aratro e tergendosi il sudore gli disse: “
Ora sì che è mezzogiorno; non senti che una campana suona?”.
Anche l’amico sentì suonare una campana.
Domenico mise sottoterra e in vari luoghi
tutte le ghiande del coppo.
Erano più di mille e con il tempo
nacquero tante querce.
Dopo dieci anni erano alte.
Dopo trenta anni erano altissime.
Dopo cinquant’anni superavano il
campanile della chiesa.
Divenne un querceto famoso.
Il suono della campana, fondendosi con lo
stormire dei rami e delle foglie verdi, gli ricordava, quando divenne adulto,
quel suono che un giorno lontano aveva udito in compagnia dell’amico.