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IL RISPETTO DELLA VITA UMANA NASCENTE E LA DIGNITA’ DELLA
PROCREAZIONE Istruzione "Donum Vitae" della Congregazione per la Dottrina della Fede PREMESSA La
Congregazione per la Dottrina della Fede è stata interpellata da diverse Conferenze
Episcopali o da singoli vescovi, da teologi, medici e uomini di scienza, in
merito alla conformità con i principi della morale cattolica delle tecniche
biomediche che consentono di intervenire nella fase iniziale della vita
dell'essere umano e nei processi stessi della procreazione. La presente
Istruzione, che è frutto di vasta consultazione e in particolare di una
attenta valutazione delle dichiarazioni di episcopati, non intende riproporre
tutto l'insegnamento della Chiesa sulla dignità della vita umana nascente e
della procreazione, ma offrire, alla luce della precedente dottrina del
Magistero, delle risposte specifiche ai principali interrogativi sollevati in
proposito. L'esposizione
viene ordinata nella maniera seguente: un'introduzione richiamerà i principi
fondamentali di carattere antropologico e morale, necessari per un'adeguata
valutazione dei problemi e per l'elaborazione delle risposte a tali
interrogativi; la prima parte avrà per argomento il rispetto dell'essere
umano a partire dal primo momento della sua esistenza; la seconda parte
affronterà gli interrogativi morali posti dagli interventi della tecnica
sulla procreazione umana; nella terza parte verranno offerti alcuni
orientamenti sui rapporti che intercorrono tra legge morale e legge civile a
proposito del rispetto dovuto agli embrioni e feti umani* in relazione alla
legittimità delle tecniche di procreazione artificiale. INTRODUZIONE 1. La ricerca biomedica e l'insegnamento della Chiesa Il
dono della vita, che Dio Creatore e Padre ha affidato all'uomo, impone
a questi di prendere coscienza del suo inestimabile valore e di assumerne la
responsabilità: questo principio fondamentale dev'essere posto al centro
della riflessione, per chiarire e risolvere i problemi morali sollevati dagli
interventi artificiali sulla vita nascente e sui processi della procreazione. Grazie
al progresso delle scienze biologiche e mediche, l'uomo può disporre di
sempre più efficaci risorse terapeutiche, ma può anche acquisire poteri nuovi
dalle conseguenze imprevedibili sulla vita umana nello stesso suo inizio e
nei suoi primi stadi. Diversi procedimenti consentono oggi d'intervenire non
soltanto per assistere, ma anche per dominare i processi della procreazione.
Tali tecniche possono consentire all'uomo di "prendere in mano il
proprio destino", ma lo espongono anche "alla tentazione di andare
oltre i limiti di un ragionevole dominio sulla natura" (1). Per quanto
possano costituire un progresso a servizio dell'uomo, esse comportano anche
dei rischi gravi. Da parte di molti, viene espresso cosi un urgente appello,
affinché siano salvaguardati, negli interventi sulla procreazione, i valori e
i diritti della persona umana. Le richieste di chiarificazione e orientamento
non provengono soltanto dai fedeli, ma anche da parte di quanti riconoscono
comunque alla Chiesa, "esperta in umanità" (2), una missione al
servizio della "civiltà dell'amore" (3) e della vita. Il
Magistero della Chiesa non interviene in nome di una competenza particolare
nell'ambito delle scienze sperimentali; ma, dopo aver preso conoscenza dei
dati della ricerca e della tecnica, intende proporre in virtù della propria
missione evangelica e del suo dovere apostolico, la dottrina morale
rispondente alla dignità della persona e alla sua vocazione integrale,
esponendo i criteri di giudizio morale sulle applicazioni della ricerca
scientifica e della tecnica, in particolare per ciò che riguarda la vita
umana e i suoi inizi. Tali criteri sono il rispetto, la difesa e la promozione
dell'uomo, il suo "diritto primario e fondamentale" alla vita (4),
la sua dignità di persona, dotata di un'anima spirituale, di responsabilità
morale (5) è chiamata alla comunione beatifica con Dio. L'intervento
della Chiesa anche in quest'ambito è ispirato all'amore che essa deve
all'uomo aiutandolo a riconoscere e rispettare i suoi diritti e i suoi
doveri. Tale amore si alimenta alle sorgenti della carità di Cristo:
contemplando il mistero del Verbo Incarnato, la Chiesa conosce anche il
"mistero dell'uomo" (6); annunciando il Vangelo della salvezza,
rivela all'uomo la sua dignità e lo invita a scoprire pienamente la sua
verità. La Chiesa ripropone cosi la legge divina per fare opera di verità e
di liberazione. È
infatti per bontà - per indicare il cammino della vita - che Dio dà agli
uomini i suoi comandamenti e la grazia per osservali; ed è pure per bontà -
per aiutarli a perseverare nello stesso cammino - che Dio offre sempre a
tutti il suo perdono. Cristo ha compassione delle nostre fragilità: Egli è
nostro Creatore e nostro Redentore. Che il suo Spirito apra gli animi al dono
della pace di Dio e all'intelligenza dei suoi precetti. 2. La scienza e la tecnica al servizio della persona umana Dio
ha creato l'uomo a sua immagine e somiglianza: "maschio e femmina li
creò" (Gen 1, 27), affidando loro il compito di "dominare la
terra" (Gen 1, 28). La ricerca scientifica di base e quella
applicata costituiscono un'espressione significativa di questa signoria
dell'uomo sul creato. La scienza e la tecnica, preziose risorse dell'uomo
quando si pongono al suo servizio e ne promuovono lo sviluppo integrale a
beneficio di tutti, non possono da sole indicare il senso dell'esistenza e
del progresso umano. Essendo ordinate all'uomo da cui traggono origine e
incremento, attingono dalla persona e dai suoi valori morali l'indicazione
della loro finalità e la consapevolezza dei loro limiti. Sarebbe,
perciò, illusorio rivendicare la neutralità morale della ricerca scientifica
e delle sue applicazioni; d'altro canto non si possono desumere i criteri di
orientamento dalla semplice efficienza tecnica, dall'utilità che possono
arrecare ad alcuni a danno di altri o, peggio ancora, dalle ideologie
dominanti. Pertanto la scienza e la tecnica richiedono, per il loro stesso
intrinseco significato, il rispetto incondizionato dei criteri fondamentali
della moralità: debbono essere cioè, al servizio della persona umana, dei
suoi diritti inalienabili e del suo bene vero e integrale secondo il progetto
e la volontà di Dio (7). II
rapido sviluppo delle scoperte tecnologiche rende più urgente questa esigenza
di rispetto dei criteri ricordati: la scienza senza la coscienza ad altro non
può portare che alla rovina dell'uomo. "L'epoca nostra, più ancora che i
secoli passati, ha bisogno di questa sapienza, perché diventino più umane
tutte le sue nuove scoperte. È in pericolo, di fatto, il futuro del mondo, a
meno che non vengano suscitati uomini più saggi" (8). 3. Antropologia e interventi in campo biomedico Quali
criteri morali si devono applicare per chiarire i problemi posti oggi
nell'ambito della biomedicina? La risposta a questo interrogativo suppone
un'adeguata concezione della natura della persona umana nella sua dimensione
corporea. Infatti,
è soltanto nella linea della sua vera natura che la persona umana può
realizzarsi come "totalità unificata" (9): ora questa natura è
nello stesso tempo corporale e spirituale. In forza della sua unione
sostanziale con un'anima spirituale, il corpo umano non può essere
considerato solo come un complesso di tessuti, organi e funzioni, né può
essere valutato alla stessa stregua del corpo degli animali, ma è parte
costitutiva della persona che attraverso di esso si manifesta e si esprime. La
legge morale naturale esprime e prescrive le finalità, i diritti e i doveri
che si fondano sulla natura corporale e spirituale della persona umana.
Pertanto essa non può essere concepita come normatività semplicemente
biologica, ma deve essere definita come l'ordine razionale secondo il quale
l'uomo è chiamato dal Creatore a dirigere e regolare la sua vita e i suoi
atti e, in particolare, a usare e disporre del proprio corpo (10). Una
prima conseguenza può essere dedotta da tali principi: un intervento sul
corpo umano non raggiunge soltanto i tessuti, gli organi e le loro funzioni,
ma coinvolge anche a livelli diversi la stessa persona; comporta quindi un
significato e una responsabilità morali, in modo implicito forse, ma reale.
Giovanni Paolo II ribadiva con forza all'Associazione medica mondiale:
"Ogni persona umana, nella sua singolarità irrepetibile, non è
costituita soltanto dallo spirito ma anche dal corpo, così nel corpo e
attraverso il corpo viene raggiunta la persona stessa nella sua realtà
concreta. Rispettare la dignità dell'uomo comporta di conseguenza
salvaguardare questa identità dell'uomo corpore et anima unus, come
affermava il Concilio Vaticano II (Cost. Gaudium et Spes, n. 14, 1). È sulla base di
questa visione antropologica che si devono trovare i criteri fondamentali per
le decisioni da prendere, quando si tratta d'interventi non strettamente
terapeutici, per esempio gli interventi miranti al miglioramento della
condizione biologica umana" (11). La
biologia e la medicina nelle loro applicazioni concorrono al bene integrale
della vita umana quando vengono in aiuto della persona colpita da malattia e
infermità nel rispetto della sua dignità di creatura di Dio. Nessun biologo o
medico può ragionevolmente pretendere, in forza della sua competenza
scientifica, di decidere dell'origine e del destino degli uomini. Questa
norma si deve applicare in maniera particolare nell'ambito della sessualità e
della procreazione, dove l'uomo e la donna pongono in atto i valori
fondamentali dell'amore e della vita. Dio,
che è amore e vita, ha inscritto nell'uomo e nella donna la vocazione a una
partecipazione speciale al suo mistero di comunione personale e alla sua
opera di Creatore e di Padre (12). Per questo il matrimonio possiede
specifici beni e valori di unione e di procreazione senza possibilità di
confronto con quelli che esistono nelle forme inferiori della vita. Tali
valori e significati di ordine personale determinano dal punto di vista
morale il senso e i limiti degli interventi artificiali sulla procreazione e
sull'origine della vita umana. Questi interventi non sono da rifiutare in
quanto artificiali. Come tali essi testimoniano le possibilità dell'arte
medica, ma si devono valutare sotto il profilo morale in riferimento alla
dignità della persona umana, chiamata a realizzare la vocazione divina al
dono dell'amore e al dono della vita. 4. Criteri fondamentali per un giudizio morale I
valori fondamentali connessi con le tecniche di procreazione artificiale
umana sono due: la vita dell'essere umano chiamato all'esistenza e
l'originalità della sua trasmissione nel matrimonio. Il giudizio morale su
tali metodiche di procreazione artificiale dovrà quindi essere formulato in
riferimento a questi valori. La
vita fisica, per cui ha inizio la vicenda umana nel mondo, non esaurisce
certamente in sé tutto il valore della persona né rappresenta il bene supremo
dell'uomo che è chiamato all'eternità. Tuttavia ne costituisce in un certo
qual modo il valore "fondamentale", proprio perché sulla vita
fisica si fondano e si sviluppano tutti gli altri valori della persona (13).
L'inviolabilità del diritto alla vita dell'essere umano innocente "dal
momento del concepimento alla morte" (14) è un segno e un'esigenza
dell'inviolabilità stessa della persona, alla quale il Creatore ha fatto il
dono della vita. Rispetto
alla trasmissione delle altre forme di vita nell'universo, la trasmissione
della vita umana ha una sua originalità, che deriva dalla originalità stessa
della persona umana. "La trasmissione della vita umana è affidata dalla
natura a un atto personale e cosciente e, come tale, soggetto alle santissime
leggi di Dio: leggi immutabili e inviolabili che vanno riconosciute e
osservate. È per questo che non si possono usare mezzi e seguire metodi che
possono essere leciti nella trasmissione della vita delle piante e degli
animali" (15). I
progressi della tecnica hanno oggi reso possibile una procreazione senza
rapporto sessuale mediante l'incontro in vitro delle cellule germinali
antecedentemente prelevate dall'uomo e dalla donna. Ma ciò che è tecnicamente
possibile non è per ciò stesso moralmente ammissibile. La riflessione
razionale sui valori fondamentali della vita e della procreazione umana è
perciò indispensabile per formulare la valutazione morale a riguardo di tali
interventi della tecnica sull'essere umano fin dai primi stadi del suo
sviluppo. 5. Insegnamenti del Magistero Da
parte sua il Magistero della Chiesa, anche in questo ambito, offre alla
ragione umana la luce della Rivelazione: la dottrina sull'uomo insegnata dal Magistero
contiene molti elementi che illuminano i problemi che qui vengono affrontati. Dal
momento del concepimento, la vita di ogni essere umano va rispettata in modo
assoluto, perché l'uomo è sulla terra l'unica creatura che Dio ha
"voluto per se stesso" (16), e l'anima spirituale di ciascun uomo è
"immediatamente creata" da Dio (17); tutto il suo essere porta
l'immagine del Creatore. La vita umana è sacra perché fin dal suo inizio
comporta "l'azione creatrice di Dio" (18) e rimane per sempre in
una relazione speciale con il Creatore, suo unico fine (19). Solo Dio è il
Signore della vita dal suo inizio alla sua fine: nessuno, in nessuna
circostanza, può rivendicare a sé il diritto il distruggere direttamente un
essere umano innocente (20). La
procreazione umana richiede una collaborazione responsabile degli sposi con
l'amore fecondo di Dio (21); il dono della vita umana deve realizzarsi nel
matrimonio mediante gli atti specifici ed esclusivi degli sposi, secondo le
leggi inscritte nelle loro persone e nella loro unione (22). |
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Parte I IL
RISPETTO DEGLI EMBRIONI UMANI Un'attenta riflessione su questo
insegnamento del Magistero e sui dati di ragione sopra richiamati permette di
rispondere ai molteplici problemi morali posti dagli interventi tecnici
sull'essere umano nelle fasi iniziali della sua vita e sui processi del suo
concepimento. 1. Quale rispetto è dovuto
all'embrione umano, tenuto conto della sua natura e della sua identità? L'essere umano è da rispettare - come
una persona - fin dal primo istante della sua esistenza. La messa in atto dei procedimenti di
fecondazione artificiale ha reso possibili diversi interventi sugli embrioni e
sui feti umani. Gli scopi perseguiti sono di diverso genere: diagnostici e
terapeutici, scientifici e commerciali. Da tutto ciò scaturiscono gravi
problemi. Si può parlare di un diritto alla sperimentazione sugli embrioni
umani in vista della ricerca scientifica? Quali normative o quale
legislazione elaborare in questa materia? La risposta a tali problemi suppone
una riflessione approfondita sulla natura e sull'identità propria - si parla
di "statuto" - dell'embrione umano. Da parte sua la Chiesa nel Concilio
Vaticano II ha proposto nuovamente all'uomo contemporaneo la sua dottrina
costante e certa secondo cui: "la vita, una volta concepita, dev'essere
protetta con la massima cura; e l'aborto come l'infanticidio, sono
abominevoli delitti" (23). Più recentemente la Carta dei diritti
della famiglia, pubblicata dalla Santa Sede, ribadiva: "La vita
umana dev'essere rispettata e protetta in modo assoluto dal momento del
concepimento" (24). Questa Congregazione conosce le
discussioni attuali sull'inizio della vita umana, sull'individualità
dell'essere umano e sull'identità della persona umana. Essa richiama gli
insegnamenti contenuti nella Dichiarazione sull'aborto procurato:
"Dal momento in cui l'ovulo è fecondato, si inaugura una nuova vita che
non è quella del padre o della madre, ma di un nuovo essere umano che si
sviluppa per proprio conto. Non sarà mai reso umano se non lo è stato fin da
allora. A questa evidenza di sempre... la scienza genetica moderna fornisce
preziose conferme. Essa ha mostrato come dal primo istante si trova fissato
il programma di ciò che sarà questo vivente: un uomo, quest'uomo-individuo
con le sue note caratteristiche già ben determinate. Fin dalla fecondazione è
iniziata l'avventura di una vita umana, di cui ciascuna delle grandi capacità
richiede tempo per impostarsi e per trovarsi pronta ad agire" (25).
Questa dottrina rimane valida e viene peraltro confermata, se ve ne fosse
bisogno, dalle recenti acquisizioni della biologia umana la quale riconosce
che nello zigote** derivante dalla fecondazione si è già costituita
l'identità biologica di un nuovo individuo umano. Certamente nessun dato sperimentale può
essere per sé sufficiente a far riconoscere un'anima spirituale; tuttavia le
conclusioni della scienza sull'embrione umano forniscono un'indicazione
preziosa per discernere razionalmente una presenza personale fin da questo
primo comparire di una vita umana: come un individuo umano non sarebbe una
persona umana? Il Magistero non si è espressamente impegnato su
un'affermazione d'indole filosofica, ma ribadisce in maniera costante la
condanna morale di qualsiasi aborto procurato. Questo insegnamento non è
mutato ed è immutabile (26). Pertanto il frutto della generazione
umana dal primo momento della sua esistenza, e cioè a partire dal costituirsi
dello zigote, esige il rispetto incondizionato che è moralmente dovuto
all'essere umano nella sua totalità corporale e spirituale. L'essere umano va
rispettato e trattato come una persona fin dal suo concepimento e, pertanto,
da quello stesso momento gli si devono riconoscere i diritti della persona,
tra i quali anzitutto il diritto inviolabile di ogni essere umano innocente
alla vita. Questo richiamo dottrinale offre il
criterio fondamentale per la soluzione dei diversi problemi posti dallo
sviluppo delle scienze biomediche in questo campo: poiché deve essere
trattato come persona, l'embrione dovrà anche essere difeso nella sua
integrità, curato e guarito, nella misura del possibile, come ogni altro
essere umano nell'ambito dell'assistenza medica. 2. La diagnosi prenatale è
moralmente lecita? Se la diagnosi prenatale rispetta la
vita e l'integrità dell'embrione e del feto umano ed è orientata alla sua
salvaguardia o alla sua guarigione individuale, la risposta è affermativa. La diagnosi prenatale può infatti far
conoscere le condizioni dell'embrione e del feto quando è ancora nel seno
della madre; permette, o consente di prevedere, alcuni interventi
terapeutici, medici o chirurgici, più precocemente e più efficacemente. Tale diagnosi è lecita se i metodi
impiegati, con il consenso dei genitori adeguatamente informati,
salvaguardano la vita e l'integrità dell'embrione e di sua madre, non facendo
loro correre rischi sproporzionati (27). Ma essa è gravemente in contrasto
con la legge morale quando contempla l'eventualità, in dipendenza dai
risultati, di provocare un aborto: una diagnosi attestante l'esistenza di una
malformazione o di una malattia ereditaria non deve equivalere a una sentenza
di morte. Pertanto la donna che richiedesse la diagnosi con l'intenzione
determinata di procedere all'aborto nel caso che l'esito confermi l'esistenza
di una malformazione o anomalia, commetterebbe un'azione gravemente illecita.
Parimenti agirebbero in modo contrario alla morale il coniuge o i parenti o
chiunque altro, qualora consigliassero o imponessero la diagnosi alla
gestante con lo stesso intendimento di arrivare eventualmente all'aborto.
Così pure sarebbe responsabile di illecita collaborazione lo specialista che
nel condurre la diagnosi e nel comunicarne l'esito contribuisse volutamente a
stabilire o favorire il collegamento tra diagnosi prenatale e aborto. Si deve infine condannare, come
violazione del diritto alla vita nei confronti del nascituro e come
prevaricazione sui diritti e doveri prioritari dei coniugi, una direttiva o
un programma delle autorità civili e sanitarie o di organizzazioni
scientifiche che, in qualsiasi modo, favorisse la connessione tra diagnosi
prenatale e aborto oppure addirittura inducesse le donne gestanti a sottoporsi
alla diagnosi prenatale pianificata allo scopo di eliminare i feti affetti o
portatori di malformazioni o malattie ereditarie. 3. Gli interventi terapeutici
sull'embrione umano sono leciti? Come per ogni intervento medico sui
pazienti, si devono ritenere leciti gli interventi sull'embrione umano a
patto che rispettino la vita e l'integrità dell'embrione, non comportino per
lui rischi sproporzionati, ma siano finalizzati alla sua guarigione, al
miglioramento delle sue condizioni di salute o alla sua sopravvivenza
individuale. Qualunque sia il genere di terapia
medica, chirurgica o di altro tipo, è richiesto il consenso libero e
informato dei genitori, secondo le regole deontologiche previste nel caso di
bambini. L'applicazione di questo principio morale può richiedere delicate e
particolari cautele trattandosi di vita embrionale o di feti. La legittimità e i criteri di tali
interventi sono stati chiaramente espressi da Giovanni Paolo Il: "Un
intervento strettamente terapeutico che si prefigga come obiettivo la
guarigione di diverse malattie, come quelle dovute a difetti cromosomici,
sarà, in linea di principio, considerato come auspicabile, supposto che tenda
a realizzare la vera promozione del benessere personale dell'individuo, senza
arrecare danno alla sua integrità o deteriorarne le condizioni di vita. Un
tale intervento si colloca di fatto nella logica della tradizione morale
cristiana" (28). 4. Come valutare moralmente
la ricerca e la sperimentazione*** sugli embrioni e sui feti umani? La ricerca medica deve astenersi da
interventi sugli embrioni vivi, a meno che non ci sia la certezza morale di
non arrecare danno né alla vita né all'integrità del nascituro e della madre,
e a condizione che i genitori abbiano accordato il loro consenso, libero e
informato, per l'intervento sull'embrione.
Ne consegue che ogni ricerca, anche se limitata alla semplice osservazione
dell'embrione, diventerebbe illecita qualora, per i metodi impiegati o per
gli effetti indotti, implicasse un rischio per l'integrità fisica o la vita
dell'embrione. Per quanto riguarda la sperimentazione,
presupposta la distinzione generale tra quella con finalità non direttamente
terapeutica e quella chiaramente terapeutica per il soggetto stesso, nella
fattispecie occorre distinguere anche tra la sperimentazione attuata sugli
embrioni ancora vivi e la sperimentazione attuata su embrioni morti. Se
essi sono vivi, viabili o non, devono essere rispettati come tutte le persone
umane; la sperimentazione non direttamente terapeutica sugli embrioni è
illecita (29). Nessuna finalità, anche in se stessa
nobile, come la previsione di una utilità per la scienza, per altri esseri
umani o per la società, può in alcun modo giustificare la sperimentazione
sugli embrioni o feti umani vivi, viabili e non, nel seno materno o fuori di
esso. II consenso informato, normalmente richiesto per la sperimentazione
clinica sull'adulto, non può essere concesso dai genitori, i quali non
possono disporre né dell'integrità fisica né della vita del nascituro.
D'altra parte la sperimentazione sugli embrioni o feti comporta sempre il
rischio, anzi, il più delle volte la previsione certa di un danno per la loro
integrità fisica o addirittura della loro morte. Usare l'embrione umano, o il feto, come
oggetto o strumento di sperimentazione rappresenta un delitto nei confronti
della loro dignità di esseri umani che hanno diritto allo stesso rispetto
dovuto al bambino già nato e ad ogni persona umana. La Carta dei diritti
della famiglia, pubblicata dalla Santa Sede, afferma: "Il rispetto
per la dignità dell'essere umano esclude ogni sorta di manipolazione
sperimentale o sfruttamento dell'embrione umano" (30). La prassi di
mantenere in vita degli embrioni umani, in vivo o in vitro, per
scopi sperimentali o commerciali, è del tutto contraria alla dignità umana. Nel caso della sperimentazione
chiaramente terapeutica, qualora si trattasse cioè di terapie sperimentali
impiegate a beneficio dell'embrione stesso allo scopo di salvare in un
tentativo estremo la sua vita, e in mancanza di altre terapie valide, può
essere lecito il ricorso a farmaci o a procedure non ancora del tutto
convalidate (31). I cadaveri di embrioni o feti umani,
volontariamente abortiti o non, devono essere rispettati come le spoglie
degli altri esseri umani. In particolare non
possono essere oggetto di mutilazioni o autopsie se la loro morte non è stata
accertata e senza il consenso dei genitori o della madre. Inoltre va sempre
fatta salva l'esigenza morale che non vi sia stata complicità alcuna con
l'aborto volontario e che sia evitato il pericolo di scandalo. Anche nel caso
di feti morti, come per i cadaveri di persone adulte, ogni pratica
commerciale deve essere ritenuta illecita e deve essere proibita. 5. Come valutare moralmente l'uso
a scopo di ricerca degli embrioni ottenuti mediante la fecondazione in vitro? Gli embrioni umani ottenuti in vitro
sono esseri umani e soggetti di diritto: la loro dignità e il loro diritto
alla vita devono essere rispettati fin dal primo momento della loro
esistenza. È immorale produrre embrioni umani destinati a essere sfruttati
come "materiale biologico" disponibile. Nella pratica abituale della
fecondazione in vitro non tutti gli embrioni vengono trasferiti nel corpo
della donna; alcuni vengono distrutti. Così come condanna l'aborto procurato,
la Chiesa proibisce anche di attentare alla vita di questi esseri umani. È
doveroso denunciare la particolare gravità della distruzione volontaria degli
embrioni umani, ottenuti in vitro al solo scopo di ricerca sia mediante
fecondazione artificiale sia mediante "fissione gemellare".
Agendo in tal modo il ricercatore si sostituisce a Dio e, anche se non ne ha
la coscienza, si fa padrone del destino altrui, in quanto sceglie
arbitrariamente chi far vivere e chi mandare a morte e sopprime esseri umani
senza difesa. Le metodiche di osservazione o di
sperimentazione, che causano danno o impongono dei rischi gravi e
sproporzionati agli embrioni ottenuti in vitro, sono moralmente
illecite per le stesse ragioni. Ogni essere umano va rispettato per se
stesso, e non può essere ridotto a puro e semplice valore strumentale a
vantaggio altrui. Non è perciò conforme alla morale esporre
deliberatamente alla morte embrioni umani ottenuti in vitro. In
conseguenza del fatto che sono stati prodotti in vitro, questi
embrioni non trasferiti nel corpo della madre e denominati
"soprannumerari", rimangono esposti a una sorte assurda, senza
possibilità di offrire loro sicure vie di sopravvivenza lecitamente
perseguibili. 6. Quale giudizio dare sugli
altri procedimenti di manipolazione degli embrioni connessi con le
"tecniche di riproduzione umana"? Le tecniche di fecondazione in vitro
possono aprire la possibilità ad altre forme di manipolazione biologica o
genetica degli embrioni umani, quali: i tentativi o progetti di fecondazione
tra gameti umani e animali e di gestazione di embrioni umani in uteri di
animali; l'ipotesi o il progetto di costruzione di uteri artificiali per
l'embrione umano. Questi procedimenti sono contrari alla dignità di essere
umano propria dell'embrione e, nello stesso tempo, ledono il diritto di ogni
persona di essere concepita e di nascere nel matrimonio e dal matrimonio
(32). Anche i tentativi o le ipotesi volte a ottenere un essere umano
senza alcuna connessione con la sessualità mediante "fissione
gemellare", clonazione, partenogenesi, sono da considerare contrarie
alla morale, in quanto contrastano con la dignità sia della procreazione
umana sia dell'unione coniugale. Lo stesso congelamento degli embrioni, anche
se attuano per garantire una conservazione in vita dell'embrione -
crioconservazione - costituisce un'offesa al rispetto dovuto agli esseri
umani, in quanto li espone a gravi rischi di morte o di danno per la loro
integrità fisica, li priva almeno temporaneamente dell'accoglienza e della
gestazione materna e li pone in una situazione suscettibile di ulteriori
offese e manipolazioni. Alcuni tentativi d'intervento sul
patrimonio cromosomico o genetico non sono terapeutici, ma mirano alla
produzione di esseri umani selezionati secondo il sesso o altre qualità
prestabilite. Queste manipolazioni sono contrarie alla dignità personale
dell'essere umano, alla sua integrità e alla sua identità.
Non possono quindi in alcun modo essere giustificate in vista di eventuali
conseguenze benefiche per l'umanità futura (33). Ogni persona deve essere
rispettata per se stessa: in ciò consiste la dignità e il diritto di ogni
essere umano fin dal suo inizio. |
Parte II INTERVENTI
SULLA PROCREAZIONE UMANA Per "procreazione
artificiale" o "fecondazione artificiale" si intendono qui le
diverse procedure tecniche volte a ottenere un concepimento umano in maniera
diversa dall'unione sessuale dell'uomo e della donna. L'Istruzione tratta
della fecondazione di un ovulo in provetta (fecondazione in vitro) e
dell'inseminazione artificiale mediante trasferimento, nelle vie genitali
della donna, dello sperma precedentemente raccolto. Un punto preliminare per la valutazione
morale di tali tecniche è costituito dalla considerazione delle circostanze e
delle conseguenze che esse comportano in ordine al rispetto dovuto
all'embrione umano. L'affermarsi della pratica della fecondazione in vitro
ha richiesto innumerevoli fecondazioni e distruzioni di embrioni umani.
Ancora oggi, presuppone abitualmente una iperovulazione della donna: più
ovuli sono prelevati, fecondati e poi coltivati in vitro per alcuni
giorni. Abitualmente non sono trasferiti tutti nelle vie genitali della
donna; alcuni embrioni, chiamati solitamente "soprannumerari",
vengono distrutti o congelati. Fra gli embrioni impiantati talora alcuni sono
sacrificati per diverse ragioni eugenetiche, economiche o psicologiche. Tale
distruzione volontaria di esseri umani o la loro utilizzazione a scopi
diversi, a detrimento della loro integrità e della loro vita, è contraria
alla dottrina già ricordata a proposito dell'aborto procurato. Il rapporto tra fecondazione in
vitro e eliminazione volontaria di embrioni umani si verifica troppo
frequentemente. Ciò è significativo: con questi procedimenti, dalle finalità
apparentemente opposte, la vita e la morte vengono sottomesse alle decisioni
dell'uomo, che viene così a costituirsi donatore di vita e di morte su
comando. Questa dinamica di violenza e di dominio può rimanere non avvertita
da parte di quegli stessi che, volendola utilizzare, vi si assoggettano. I
dati di fatto ricordati e la fredda logica che li collega, devono essere
considerati per un giudizio morale sulla FIVET (fecondazione in vitro
e trasferimento dell'embrione): la mentalità abortiva che l'ha resa
possibile, conduce così, lo si voglia o no, al dominio dell'uomo sulla vita e
sulla morte dei suoi simili, che può portare ad un eugenismo radicale. Tuttavia abusi del genere non esimono
da una approfondita e ulteriore riflessione etica sulle tecniche di
procreazione artificiale considerate in se stesse, astraendo, per quanto è
possibile, dalla distruzione degli embrioni prodotti in vitro. La presente Istruzione prenderà in considerazione
pertanto in primo luogo i problemi posti dalla fecondazione artificiale
eterologa (II, 1-3)****, e successivamente quelli che sono collegati con la
fecondazione artificiale omologa (II, 4-6)*****. Prima di formulare il giudizio etico su
ciascuna di esse, saranno considerati i principi e i valori che determinano
la valutazione morale di ciascuna di queste procedure. A. FECONDAZIONE ARTIFICIALE
ETEROLOGA 1. Perché la procreazione
umana deve aver luogo nel matrimonio? Ogni essere umano va accolto sempre
come un dono e una benedizione di Dio. Tuttavia dal punto di vista morale una
procreazione veramente responsabile nei confronti del nascituro deve essere
il frutto del matrimonio. La procreazione umana possiede infatti
delle caratteristiche specifiche in virtù della dignità dei genitori e dei
figli: la procreazione di una nuova persona, mediante la quale l'uomo e la
donna collaborano con la potenza del Creatore, dovrà essere il frutto e il
segno della mutua donazione personale degli sposi, del loro amore e della
loro fedeltà (34). La fedeltà degli sposi, nell'unità del matrimonio,
comporta il reciproco rispetto del loro diritto a diventare padre e madre
soltanto l'uno attraverso l'altro. Il figlio ha diritto ad essere
concepito, portato in grembo, messo al mondo ed educato nel matrimonio: è
attraverso il riferimento sicuro e riconosciuto ai propri genitori che egli
può scoprire la propria identità e maturare la propria formazione umana. I genitori trovano nel figlio una conferma
e un completamente della loro donazione reciproca: egli è l'immagine vivente
del loro amore, il segno permanente della loro unione coniugale, la sintesi
viva e indissolubile della loro dimensione paterna e materna (35). In forza della vocazione e delle
responsabilità sociali della persona, il bene dei figli e dei genitori
contribuisce al bene della società civile; la vitalità e l'equilibrio della
società richiedono che i figli vengano al mondo in seno a una famiglia e che
questa sia stabilmente fondata sul matrimonio. La tradizione della Chiesa e la
riflessione antropologica riconoscono nel matrimonio e nella sua unità
indissolubile il solo luogo degno di una procreazione veramente responsabile. 2. La fecondazione
artificiale eterologa è conforme alla dignità degli sposi e alla verità del
matrimonio? Nella FIVET e nell'inseminazione
artificiale eterologa il concepimento umano viene ottenuto mediante
l'incontro di gameti di almeno un donatore diverso dagli sposi che sono uniti
in matrimonio. La fecondazione artificiale eterologa è contraria all'unità
del matrimonio, alla dignità degli sposi, alla vocazione propria dei genitori
e al diritto del figlio ad essere concepito e messo al mondo nel matrimonio e
dal matrimonio (36). Il rispetto dell'unità del matrimonio e
della fedeltà coniugale esige che il figlio sia concepito nel matrimonio; il
legame esistente tra i coniugi attribuisce agli sposi, in maniera oggettiva e
inalienabile, il diritto esclusivo a diventare padre e madre soltanto l'uno
attraverso l'altro (37). Il ricorso ai gameti di una terza persona, per avere
a disposizione lo sperma o l'ovulo, costituisce una violazione dell'impegno
reciproco degli sposi e una mancanza grave nei confronti di quella proprietà
essenziale del matrimonio, che è la sua unità. La fecondazione artificiale eterologa
lede i diritti del figlio, lo priva della relazione filiale con le sue
origini parentali e può ostacolare la maturazione della sua identità
personale. Essa costituisce inoltre un'offesa alla vocazione comune degli
sposi che sono chiamati alla paternità e maternità: priva oggettivamente la
fecondità coniugale della sua unità e della sua integrità; opera e manifesta
una rottura fra parentalità genetica, parentalità gestazionale e
responsabilità educativa. Tale alterazione delle relazioni personali
all'interno della famiglia si ripercuote nella società civile: ciò che
minaccia l'unità e la stabilità della famiglia è sorgente di dissensi, di
disordine e di ingiustizie in tutta la vita sociale. Queste ragioni portano a un giudizio
morale negativo sulla fecondazione artificiale eterologa: pertanto è
moralmente illecita la fecondazione di una donna con lo sperma di un donatore
diverso da suo marito e la fecondazione con lo sperma del marito di un ovulo
che non proviene dalla sua sposa. Inoltre la fecondazione artificiale di una
donna non sposata, nubile o vedova, chiunque sia il donatore, non può essere
moralmente giustificata. Il desiderio di avere un figlio,
l'amore tra gli sposi che aspirano a ovviare a una sterilità non altrimenti
superabile, costituiscono motivazioni comprensibili; ma le intenzioni
soggettivamente buone non rendono la fecondazione artificiale eterologa né
conforme alle proprietà oggettive e inalienabili del matrimonio né rispettosa
dei diritti del figlio e degli sposi. 3. La maternità
"sostitutiva" ****** è moralmente lecita? No, per le medesime ragioni che portano
a rifiutare la fecondazione artificiale eterologa: è contraria, infatti,
all'unità del matrimonio e alla dignità della procreazione della persona
umana. La maternità sostitutiva rappresenta
una mancanza oggettiva di fronte agli obblighi dell'amore materno, della
fedeltà coniugale e della maternità responsabile; offende la dignità e il
diritto del figlio ad essere concepito, portato in grembo, messo al mondo ed
educato dai propri genitori; essa instaura, a detrimento delle famiglie, una
divisione fra gli elementi fisici, psichici e morali che le costituiscono. B. FECONDAZIONE ARTIFICIALE
OMOLOGA Dichiarata inaccettabile la
fecondazione artificiale eterologa, ci si chiede come valutare moralmente i
procedimenti di fecondazione artificiale omologa: FIVET e inseminazione
artificiale fra gli sposi. Occorre chiarire preliminarmente una questione di
principio. 4. Quale legame è richiesto dal
punto di vista morale tra procreazione e atto coniugale? a)
L'insegnamento della Chiesa sul matrimonio e sulla procreazione umana afferma
la "connessione inscindibile, che Dio ha voluto e che l'uomo non può rompere
di sua iniziativa, tra i due significati dell'atto coniugale: il significato
unitivo e il significato procreativo. Infatti per la sua intima struttura,
l'atto coniugale, mentre unisce con profondissimo vincolo gli sposi, li rende
atti alla generazione di nuove vite, secondo leggi iscritte nell'essere
stesso dell'uomo e della donna" (38). Questo principio, fondato sulla
natura del matrimonio e sull'intima connessione dei suoi beni, comporta delle
conseguenze ben note sul piano della paternità e maternità responsabili.
"Salvaguardando ambedue questi aspetti essenziali, unitivo e
procreativo, l'atto coniugale conserva integralmente il senso del mutuo e
vero amore ed il suo ordinamento all'altissima vocazione dell'uomo alla
paternità" (39). La medesima dottrina relativa al legame
esistente fra i significati dell'atto coniugale e fra i beni del matrimonio
chiarisce il problema morale della fecondazione artificiale omologa, poiché
"non è mai permesso separare questi diversi aspetti al punto da escludere
positivamente o l'intenzione procreativa o il rapporto coniugale" (40). La contraccezione priva
intenzionalmente l'atto coniugale della sua apertura alla procreazione e
opera in tal modo una dissociazione volontaria delle finalità del matrimonio.
La fecondazione artificiale omologa, perseguendo una procreazione che non è
frutto di un atto specifico di unione coniugale, opera obiettivamente una
separazione analoga tra i beni e i significati del matrimonio. Pertanto la fecondazione è voluta
lecitamente quando è il termine di un "atto coniugale per sé idoneo alla
generazione della prole, al quale il matrimonio è ordinato per sua natura e
per il quale i coniugi divengono una sola carne" (41). Ma la
procreazione è privata dal punto di vista morale della sua perfezione propria
quando non è voluta come il frutto dell'atto coniugale, e cioè del gesto
specifico dell'unione degli sposi. b)
Il valore morale dell'intimo legame esistente fra i beni del matrimonio e fra
i significati dell'atto coniugale si fonda sull'unità dell'essere umano,
unità risultante di corpo e anima spirituale (42). Gli sposi si esprimono
reciprocamente il loro amore personale nel "linguaggio del corpo",
che comporta chiaramente "significati sponsali" e parentali insieme
(43). L'atto coniugale, con il quale gli sposi si manifestano reciprocamente
il dono di sé, esprime simultaneamente l'apertura al dono della vita: è un
atto inscindibilmente corporale e spirituale. È nel loro corpo e per mezzo
del loro corpo che gli sposi consumano il matrimonio e possono diventare
padre e madre. Per rispettare il linguaggio dei corpi e la loro naturale
generosità, l'unione coniugale deve avvenire nel rispetto dell'apertura alla
procreazione, e la procreazione di una persona deve essere il frutto e il
termine dell'amore sponsale. L'origine dell'essere umano risulta così da una
procreazione "legata all'unione non solamente biologica ma anche
spirituale dei genitori uniti dal vincolo del matrimonio" (44). Una
fecondazione ottenuta fuori del corpo degli sposi rimane per ciò stesso
privata dei significati e dei valori che si esprimono nel linguaggio del
corpo e nell'unione delle persone umane. c)
Soltanto il rispetto del legame, che esiste fra i significati dell'atto
coniugale, e il rispetto dell'unità dell'essere umano consente una
procreazione conforme alla dignità della persona. Nella sua origine unica e
irripetibile il figlio dovrà essere rispettato e riconosciuto come uguale in
dignità personale a coloro che gli donano la vita. La persona umana
dev'essere accolta nel gesto di unione e di amore dei suoi genitori; la
generazione di un figlio dovrà perciò essere il frutto della donazione
reciproca (45) che si realizza nell'atto coniugale in cui gli sposi cooperano
come servitori e non come padroni, all'opera dell'Amore Creatore (46). L'origine di una persona umana è in
realtà il risultato di una donazione. Il concepito dovrà essere il frutto
dell'amore dei suoi genitori. Non può essere voluto né concepito come il
prodotto di un intervento di tecniche mediche e biologiche: ciò equivarrebbe
a ridurlo a diventare l'oggetto di una tecnologia scientifica. Nessuno può
sottoporre la venuta al mondo di un bambino a delle condizioni di efficienza
tecnica valutabili secondo parametri di controllo e di dominio. La rilevanza morale del legame
esistente tra i significati dell'atto coniugale e tra i beni del matrimonio,
l'unità dell'essere umano e la dignità della sua origine esigono che la
procreazione di una persona umana debba essere perseguita come il frutto
dell'atto coniugale specifico dell'amore fra gli sposi.
Il legame esistente fra procreazione e atto coniugale si rivela, perciò, di
grande importanza sul piano antropologico e morale e chiarisce le posizioni
del Magistero a proposito della fecondazione artificiale omologa. 5. La fecondazione omologa in
vitro è moralmente lecita? La risposta a questa domanda è
strettamente dipendente dai principi ora ricordati. Non si possono certamente
ignorare le legittime aspirazioni degli sposi sterili; per alcuni il ricorso
alla FIVET omologa appare come l'unico mezzo per ottenere un figlio
sinceramente desiderato: ci si domanda se in queste situazioni la globalità
della vita coniugale non basti ad assicurare la dignità confacente alla
procreazione umana. Si riconosce che la FIVET certamente non può supplire
all'assenza dei rapporti coniugali (47) e non può essere preferita,
considerati i rischi che si possono verificare per il figlio e i disagi della
procedura agli atti specifici dell'unione coniugale. Ma ci si chiede se
nell'impossibilità di rimediare in altro modo alla sterilità, che è causa di
sofferenza, la fecondazione omologa in vitro non possa costituire un
aiuto, se non addirittura una terapia, per cui ne potrebbe essere ammessa la
liceità morale. Il desiderio di un figlio - o quanto
meno la disponibilità a trasmettere la vita - è un requisito necessario dal
punto di vista morale per una procreazione umana responsabile. Ma questa
intenzione buona non è sufficiente per dare una valutazione morale positiva
della fecondazione in vitro tra gli sposi. Il procedimento della FIVET deve
essere giudicato in se stesso, e non può mutuare la sua qualificazione morale
definitiva né dall'insieme della vita coniugale nella quale esso si iscrive
né dagli atti coniugali che possono precederlo o seguirlo (48). È già stato ricordato come, nelle
circostanze in cui è abitualmente praticata, la FIVET implichi la distruzione
di esseri umani, fatto questo che è contro la dottrina già richiamata sulla
illiceità dell'aborto (49). Ma anche nel caso in cui si mettesse in atto ogni
cautela per evitare la morte degli embrioni umani, la FIVET omologa attua la
dissociazione dei gesti che sono destinati alla fecondazione umana dall'atto
coniugale. La natura propria della FIVET omologa, pertanto, dovrà anche
essere considerata astraendo dal legame con l'aborto procurato. La FIVET omologa è attuata al di fuori
del corpo dei coniugi mediante gesti di terze persone la cui competenza e
attività tecnica determinano il successo dell'intervento; essa affida la vita
e l'identità dell'embrione al potere dei medici e dei biologi e instaura un
dominio della tecnica sull'origine e sul destino della persona umana. Una
siffatta relazione di dominio è in sé contraria alla dignità e
all'uguaglianza che dev'essere comune a genitori e figli. Il concepimento in vitro è il
risultato dell'azione tecnica che presiede alla fecondazione; essa non è
né di fatto ottenuta né positivamente voluta come l'espressione e il frutto
di un atto specifico dell'unione coniugale. Nella FIVET omologa, perciò, pur
considerata nel contesto dei rapporti coniugali di fatto esistenti, la
generazione della persona umana è oggettivamente privata della sua perfezione
propria: quella di essere, cioè, il termine e il frutto di un atto coniugale
in cui gli sposi possono farsi "cooperatori con Dio per il dono della
vita a una nuova persona" (50). Queste ragioni permettono di
comprendere perché l'atto di amore coniugale sia considerato
nell'insegnamento della Chiesa come l'unico luogo degno della procreazione
umana. Per le stesse ragioni il cosiddetto "caso semplice", cioè
una procedura di FIVET omologa, che sia purificata da ogni compromissione con
la prassi abortiva della distruzione di embrioni e con la masturbazione,
rimane una tecnica moralmente illecita perché priva la procreazione umana
della dignità che le è propria e connaturale. Certamente la FIVET omologa non è
gravata di tutta quella negatività etica che si riscontra nella procreazione
extraconiugale; la famiglia e il matrimonio continuano a costituire l'ambito
della nascita e dell'educazione dei figli. Tuttavia, in conformità con la
dottrina tradizionale relativa ai beni del matrimonio e alla dignità della
persona, la Chiesa rimane contraria, dal punto di vista morale, alla
fecondazione omologa in vitro; questa è in se stessa illecita e contrastante
con la dignità della procreazione e dell'unione coniugale, anche quando tutto
sia messo in atto per evitare la morte dell'embrione umano. Pur non potendo essere approvata la
modalità con cui viene ottenuto il concepimento umano nella FIVET, ogni
bambino che viene al mondo dovrà comunque essere accolto come un dono vivente
della Bontà divina e dovrà essere educato con amore. 6. Coma valutare dal punto di
vista morale l'inseminazione artificiale omologa? L'inseminazione artificiale omologa
all'interno del matrimonio non può essere ammessa, salvo il caso in cui il
mezzo tecnico risulti non sostitutivo dell'atto coniugale, ma si configuri
come una facilitazione e un aiuto affinché esso raggiunga il suo scopo
naturale. L'insegnamento del Magistero a questo
proposito è stato già esplicitato (51): esso non è soltanto espressione di
circostanze storiche particolari, ma si fonda sulla dottrina della Chiesa in
tema di connessione fra unione coniugale e procreazione, e sulla
considerazione della natura personale dell'atto coniugale e della
procreazione umana. "L'atto coniugale, nella sua struttura naturale, è
un'azione personale, una cooperazione simultanea e immediata dei coniugi, la
quale, per la stessa natura degli agenti e la proprietà dell'atto, è
l'espressione del dono reciproco, che, secondo la parola della Scrittura,
effettua l'unione "in una carne sola"" (52). Pertanto la
coscienza morale "non proscrive necessariamente l'uso di taluni mezzi
artificiali destinati unicamente sia a facilitare l'atto naturale, sia a
procurare il raggiungimento del proprio fine all'atto naturale normalmente
compiuto" (53). Se il mezzo tecnico facilita l'atto coniugale o l'aiuta
a raggiungere i suoi obiettivi naturali, può essere moralmente accettato. Qualora,
al contrario, l'intervento si sostituisca all'atto coniugale, esso è
moralmente illecito. L'inseminazione artificiale sostitutiva
dell'atto coniugale è proibita in ragione della dissociazione volontariamente
operata tra i due significati dell'atto coniugale. La masturbazione, mediante
la quale viene normalmente procurato lo sperma, è un altro segno di tale
dissociazione; anche quando è posto in vista della procreazione, il gesto
rimane privo del suo significato unitivo: "gli manca... la relazione sessuale
richiesta dall'ordine morale, quella che realizza, "in un contesto di
vero amore, l'integro senso della mutua donazione e della procreazione
umana"" (54). 7. Quale criterio morale
proporre circa l'intervento del medico nella procreazione umana? L'atto medico non dev'essere valutato
soltanto in rapporto alla sua dimensione tecnica, ma anche e soprattutto in
relazione alla sua finalità, che è il bene delle persone e la loro salute
corporea e psichica. I criteri morali per l'intervento medico nella procreazione
si deducono dalla dignità delle persone umane, della loro sessualità e della
loro origine. La medicina che voglia essere ordinata
al bene integrale della persona deve rispettare i valori specificamente umani
della sessualità (55). Il medico è al servizio delle
persone e della procreazione umana: non ha facoltà di disporre né di decidere
di esse. L'intervento medico è rispettoso della dignità delle persone
quando mira ad aiutare l'atto coniugale sia per facilitarne il compimento sia
per consentirgli di raggiungere il suo fine, una volta che sia stato
normalmente compiuto (56). Al contrario, talvolta accade che
l'intervento medico tecnicamente si sostituisca all'atto coniugale per
ottenere una procreazione che non è né il suo risultato né il suo frutto: in
questo caso l'atto medico non risulta, come dovrebbe, al servizio dell'unione
coniugale, ma si appropria della funzione procreatrice e così contraddice
alla dignità e ai diritti inalienabili degli sposi e del nascituro. L'umanizzazione della medicina, che
viene oggi insistentemente richiesta da tutti, esige il rispetto
dell'integrale dignità della persona umana in primo luogo nell'atto e nel
momento in cui gli sposi trasmettono la vita a una nuova persona. È logico
pertanto rivolgere anche un pressante appello ai medici e ai ricercatori
cattolici perché rendano una esemplare testimonianza del rispetto dovuto
all'embrione umano e alla dignità della procreazione. Il personale medico e
curante degli ospedali e delle cliniche cattoliche è in modo speciale
invitato a fare onore agli obblighi morali contratti, spesso anche a titolo
di statuto. I responsabili di questi ospedali e cliniche cattoliche, che sono
sovente religiosi, avranno cuore di assicurare e promuovere un'attenta
osservanza delle norme morali richiamate nella presente Istruzione. 8. La sofferenza per la
sterilità coniugale La sofferenza degli sposi che non
possono avere figli o che temono di mettere al mondo un figlio handicappato,
è una sofferenza che tutti debbono comprendere e adeguatamente valutare. Da parte degli sposi il desiderio di un
figlio è naturale: esprime la vocazione alla paternità e alla maternità
inscritta nell'amore coniugale. Questo desiderio può essere ancora più forte
se la coppia è affetta da sterilità che appaia incurabile. Tuttavia il
matrimonio non conferisce agli sposi il diritto di avere un figlio, ma
soltanto il diritto a porre quegli atti naturali che di per sé sono ordinati
alla procreazione (57). Un vero e proprio diritto al figlio
sarebbe contrario alla sua dignità e alla sua natura. Il figlio non è un
qualche cosa di dovuto e non può essere considerato come oggetto di
proprietà: è piuttosto un dono, "il più grande" (58)
e il più gratuito del matrimonio, ed è testimonianza vivente della
donazione reciproca dei suoi genitori. A questo titolo il figlio ha il
diritto - come è stato ricordato - di essere il frutto dell'atto specifico
dell'amore coniugale dei suoi genitori e ha anche il diritto a essere
rispettato come persona dal momento del suo concepimento. Tuttavia la sterilità, qualunque ne sia
la causa e la prognosi, è certamente una dura prova. La comunità dei credenti
è chiamata a illuminare e sostenere la sofferenza di coloro che non possono
realizzare una legittima aspirazione alla maternità e paternità. Gli sposi
che si trovano in queste dolorose situazioni sono chiamati a scoprire in esse
l'occasione per una particolare partecipazione alla croce del Signore, fonte
di fecondità spirituale. Le coppie sterili non devono dimenticare che
"anche quando la procreazione non è possibile, non per questo la vita
coniugale perde il suo valore. La sterilità fisica infatti può essere
occasione per gli sposi per rendere altri servizi importanti alla vita delle
persone umane, quali ad esempio l'adozione, le varie forme di opere
educative, l'aiuto ad altre famiglie, ai bambini poveri o handicappati"
(59). Molti ricercatori si sono impegnati
nella lotta contro la sterilità. Salvaguardando pienamente la dignità della
procreazione umana, alcuni sono arrivati a risultati che in precedenza
sembravano irraggiungibili. Gli uomini di scienza vanno quindi incoraggiati a
proseguire nelle loro ricerche, allo scopo di prevenire le cause della
sterilità e potervi rimediare, in modo che le coppie sterili possano riuscire
a procreare nel rispetto della loro dignità personale e di quella del
nascituro. Parte III MORALE E LEGGE CIVILE Valori
e obblighi morali che la legislazione civile deve rispettare e sancire in
questa materia Il
diritto inviolabile alla vita di ogni individuo umano innocente, i diritti
della famiglia e dell'istituzione matrimoniale costituiscono dei valori
morali fondamentali, perché riguardano la condizione naturale e la vocazione
integrale della persona umana; nello stesso tempo sono elementi costitutivi
della società civile e del suo ordinamento. Per
questo motivo le nuove possibilità tecnologiche, apertesi nel campo della
biomedicina, richiedono l'intervento delle autorità politiche e del
legislatore, perché un ricorso incontrollato a tali tecniche potrebbe
condurre a conseguenze non prevedibili e dannose per la società civile. Il
riferimento alla coscienza di ciascuno e all'autoregolamentazione dei
ricercatori non può essere sufficiente per il rispetto dei diritti personali
e dell'ordine pubblico. Se il legislatore, responsabile del bene comune,
mancasse di vigilare, potrebbe venire espropriato delle sue prerogative da
parte di ricercatori che pretendessero di governare l'umanità in nome delle
scoperte biologiche e dei presunti processi di "miglioramento" che
ne deriverebbero. L'"eugenismo" e le discriminazioni fra gli esseri
umani potrebbero trovarsi legittimate: ciò costituirebbe una violenza e
un'offesa grave all'uguaglianza, alla dignità e ai diritti fondamentali della
persona umana. L'intervento
dell'autorità politica si deve ispirare ai principi razionali che regolano i
rapporti tra legge civile e legge morale. Compito della legge civile è
assicurare il bene comune delle persone attraverso il riconoscimento e la
difesa dei diritti fondamentali, la promozione della pace e della pubblica
moralità (60). In nessun ambito di vita la legge civile può sostituirsi alla
coscienza né può dettare norme su ciò che esula dalla sua competenza; essa
deve talvolta tollerare in vista dell'ordine pubblico ciò che non può
proibire senza che ne derivi un danno più grave. Tuttavia i diritti
inalienabili della persona dovranno essere riconosciuti e rispettati da parte
della società civile e dell'autorità politica; tali diritti dell'uomo non
dipendono né dai singoli individui né dai genitori e neppure rappresentano
una concessione della società e dello Stato: appartengono alla natura umana e
sono inerenti alla persona in forza dell'atto creativo da cui ha preso
origine. Fra
tali diritti fondamentali bisogna a questo proposito ricordare: a)
il diritto alla vita e all'integrità fisica di
ogni essere umano dal momento del concepimento alla morte; b) i
diritti della famiglia e del matrimonio come istituzione e, in questo ambito,
il diritto per il figlio ad essere concepito, messo al mondo ed educato dai
suoi genitori. Su
ciascuna di queste due tematiche occorre qui svolgere qualche considerazione
ulteriore. In diversi Stati alcune leggi hanno autorizzato la soppressione diretta
di innocenti: nel momento in cui una legge positiva priva una categoria di
esseri umani della protezione che la legislazione civile deve loro accordare,
lo Stato viene a negare l'uguaglianza di tutti davanti alla legge. Quando lo
Stato non pone la sua forza al servizio dei diritti di ciascun cittadino, e
in particolare di chi è più debole, vengono minati i fondamenti stessi di uno
Stato di diritto. L'autorità politica di conseguenza non può approvare che
degli esseri umani siano chiamati all'esistenza mediante procedure tali da
esporli ai gravissimi rischi sopra ricordati. Il riconoscimento eventualmente
accordato dalla legge positiva e dalle autorità politiche alle tecniche di
trasmissione artificiale della vita e alle sperimentazioni connesse renderebbe
più ampia la breccia aperta dalla legalizzazione dell'aborto. Come
conseguenza del rispetto e della protezione che vanno assicurati al
nascituro, a partire dal momento del suo concepimento, la legge dovrà
prevedere appropriate sanzioni penali per ogni deliberata violazione dei suoi
diritti. La legge non potrà tollerare - anzi dovrà espressamente proibire -
che degli esseri umani, sia pure allo stadio embrionale, siano trattati come
oggetto di sperimentazione, mutilati o distrutti, con il pretesto che
risulterebbero superflui o incapaci di svilupparsi normalmente. L'autorità
politica è tenuta a garantire all'istituzione familiare, sulla quale la
società si fonda, la protezione giuridica alla quale essa ha diritto. Per il
fatto stesso che è al servizio delle persone, l'autorità politica dovrà
essere anche a servizio della famiglia. La legge civile non potrà accordare
la sua garanzia a quelle tecniche di procreazione artificiale che sottraggono
a beneficio di terze persone (medici, biologi, poteri economici o
governativi) ciò che costituisce un diritto inerente alla relazione fra gli
sposi e non potrà perciò legalizzare il dono di gameti tra persone che non
siano legittimamente unite in matrimonio. La
legislazione dovrà proibire inoltre, in forza del sostegno che è dovuto alla
famiglia, le banche di embrioni, l'inseminazione post mortem e la
"maternità sostitutiva". Rientra
nei doveri dell'autorità pubblica operare in modo che la legge civile sia
regolata sulle norme fondamentali della legge morale in ciò che concerne i
diritti dell'uomo, della vita umana e dell'istituzione familiare. Gli uomini
politici dovranno impegnarsi, attraverso il loro intervento sull'opinione
pubblica, ad ottenere su tali punti essenziali il consenso più vasto
possibile nella società, e a consolidarlo laddove esso rischiasse di essere
indebolito e di venir meno. In
molti paesi la legalizzazione dell'aborto e la tolleranza giuridica verso le
coppie non sposate rendono più difficile ottenere il rispetto dei diritti
fondamentali richiamati in questa Istruzione. Ci si augura che gli Stati non
si assumano la responsabilità di rendere ancora più gravi queste situazioni
di ingiustizia socialmente dannose. Al contrario, c'è da auspicare che le
nazioni e gli Stati prendano coscienza di tutte le implicazioni culturali,
ideologiche e politiche connesse con le tecniche di procreazione artificiale
e sappiano trovare la saggezza e il coraggio necessari per emanare leggi più
giuste e rispettose della vita umana e dell'istituzione familiare. La
legislazione civile di numerosi Stati conferisce oggi agli occhi di molti una
legittimazione indebita di certe pratiche; essa si dimostra incapace di
garantire quella moralità, che è conforme alle esigenze naturali della
persona umana e alle "leggi non scritte" impresse dal Creatore nel
cuore dell'uomo. Tutti gli uomini di buona volontà devono impegnarsi, in
particolare nell'ambito della loro professione e nell'esercizio dei loro
diritti civili, perché siano riformate le leggi civili moralmente inaccettabili
e corrette le pratiche illecite. Inoltre deve essere sollevata e riconosciuta
l'"obiezione di coscienza" di fronte a tali leggi. Ancora più,
comincia a imporsi con acutezza alla coscienza morale di molti, specialmente
fra gli specialisti delle scienze biomediche, l'istanza per una resistenza
passiva alla legittimazione di pratiche contrarie alla vita e alla dignità
dell'uomo. CONCLUSIONE La diffusione delle tecnologie
d'intervento sui processi della procreazione umana solleva gravissimi
problemi morali in relazione al rispetto dovuto all'essere umano fin dal suo
concepimento e alla dignità della persona, della sua sessualità e della
trasmissione della vita. Con questo documento, la Congregazione
per la Dottrina della Fede, adempiendo al suo compito di promuovere e
tutelare l'insegnamento della Chiesa in così grave materia, rivolge un nuovo
accorato invito a tutti coloro che, in ragione del loro ruolo e del loro
impegno, possono esercitare un influsso positivo perché, nella famiglia e
nella società, sia accordato il dovuto rispetto alla vita e all'amore: ai
responsabili della formazione delle coscienze e dell'opinione pubblica, ai
cultori della scienza e ai professionisti della medicina, ai giuristi e agli
uomini politici. Essa auspica che tutti comprendano l'incompatibilità che
sussiste tra il riconoscimento della dignità della persona umana e il
disprezzo della vita e dell'amore, tra la fede nel Dio vivente e la pretesa
di voler decidere arbitrariamente dell'origine e della sorte di un essere
umano. In particolare la Congregazione per la
Dottrina della Fede rivolge un fiducioso invito e un incoraggiamento ai
teologi e, in particolare, ai moralisti perché approfondiscano e rendano
sempre più accessibili ai fedeli i contenuti dell'insegnamento del Magistero
della Chiesa, alla luce di una valida antropologia in materia di sessualità e
matrimonio nel contesto del necessario approccio interdisciplinare. Si
potranno così comprendere sempre meglio le ragioni e la validità di questo
insegnamento: difendendo l'uomo contro gli eccessi del suo potere, la Chiesa
di Dio gli ricorda i titoli della sua vera nobiltà; solo in tal modo si potrà
assicurare all'umanità di domani la possibilità di vivere e di amare in
quella dignità e libertà che derivano dal rispetto della verità. Le precise
indicazioni che vengono offerte nella presente Istruzione non intendono
quindi arrestare lo sforzo di riflessione, ma piuttosto favorire un rinnovato
impulso, nella fedeltà irrinunciabile alla dottrina della Chiesa. Alla luce della verità sul dono della
vita umana e dei principi morali che ne conseguono, ciascuno è invitato ad
agire, nell'ambito della responsabilità che gli è propria, come il buon
samaritano e a riconoscere anche il più piccolo tra i figli degli uomini come
suo prossimo (Cf. Lc 10, 29-37). La parola di Cristo trova qui una
risonanza nuova e particolare: "Ciò che avrete fatto al più piccolo dei
miei fratelli lo avrete fatto a Me" (Mt 25, 40). Il Sommo Pontefice Giovanni Paolo II,
nel corso dell'Udienza accordata al sottoscritto Prefetto dopo la riunione
plenaria di questa Congregazione, ha approvato la presente Istruzione e ne ha
ordinato la pubblicazione. Roma, dalla Sede della Congregazione
per la Dottrina della Fede, il 22 febbraio 1987, Festa della Cattedra di S.
Pietro Apostolo. Joseph Card. Ratzinger Prefetto Alberto Bovone Arc. tit. di Cesarea di
Numidia Segretario |
NOTE * I termini di "zigote",
"pre-embrione", "embrione" e "feto" possono
indicare nel vocabolario della biologia stadi successivi dello sviluppo di un
essere umano. La presente Istruzione usa liberamente di questi termini,
attribuendo ad essi un'identica rilevanza etica, per designare il frutto,
visibile o non, della generazione umana, dal primo momento della sua
esistenza fino alla nascita. La ragione di questo uso viene chiarita dal
testo (cf. I, 1). ** Lo zigote è la cellula derivante
dalla fusione dei nuclei dei due gameti. *** Poiché i termini
"ricerca" e "sperimentazione" sono frequentemente usati
in modo equivalente e ambiguo, si ritiene di dover precisare il significato
loro attribuito nel presente documento. 1) Per ricerca s'intende
qualsiasi procedimento induttivo-deduttivo, inteso a promuovere
l'osservazione sistematica di un dato fenomeno in campo umano o a verificare
un'ipotesi emersa da precedenti osservazioni. 2) Per sperimentazione s'intende
qualsiasi ricerca, in cui l'essere umano (nei diversi stadi della sua
esistenza: embrione, feto, bambino o adulto) rappresenta l'oggetto mediante
il quale o sul quale s'intende verificare l'effetto, al momento sconosciuto o
ancora non ben conosciuto, di un dato trattamento (ad es. farmacologico,
teratogeno, chirurgico ecc.). **** L'Istruzione intende, con la
denominazione di Fecondazione o procreazione artificiale eterologa le
tecniche volte a ottenere artificialmente un concepimento umano a partire da
gameti provenienti almeno da un donatore diverso dagli sposi, che sono uniti
in matrimonio. Tali tecniche possono essere di due tipi: a) FIVET eterologa: la tecnica
volta a ottenere un concepimento umano attraverso l'incontro in vitro
di gameti prelevati almeno da un donatore diverso dai due sposi uniti da
matrimonio. b) Inseminazione artificiale
eterologa: la tecnica volta a ottenere un concepimento umano attraverso
il trasferimento nelle vie genitali della donna dello sperma precedentemente
raccolto da un donatore diverso dal marito. ***** L'Istruzione intende per Fecondazione
o procreazione artificiale omologa la tecnica volta a ottenere un
concepimento umano a partire dai gameti di due sposi uniti in matrimonio. La
fecondazione artificiale omologa può essere attuata con due diverse
metodiche: a) FIVET omologa: la tecnica
diretta a ottenere un concepimento umano mediante l'incontro in vitro
dei gameti degli sposi uniti in matrimonio b) Inseminazione artificiale
omologa: la tecnica diretta a ottenere un concepimento umano mediante il
trasferimento, nelle vie genitali di una donna sposata, dello sperma
precedentemente raccolto del marito. ****** Sotto la denominazione di
"madre sostitutiva" l'Istruzione intende comprendere: a) la
donna che porta in gestazione un embrione impiantato nel suo utero e che le è
geneticamente estraneo, perché ottenuto mediante l'unione di gameti di
"donatori", con l'impegno di consegnare il bambino una volta nato a
chi ha commissionato o pattuito tale gestazione; b) la
donna che porta in gestazione un embrione alla cui procreazione ha concorso
con il dono del proprio ovulo, fecondato mediante inseminazione con lo sperma
di un uomo diverso da suo marito, con l'impegno di consegnare il figlio, una
volta nato, a chi ha commissionato o pattuito la gestazione. (1) GIOVANNI PAOLO II, Discorso ai
partecipanti all'81° Congresso della Società Italiana di Medicina Interna e
all'82° Congresso della Società Italiana di Chirurgia Generale, 27 ottobre
1980: AAS 72 (1980) 1126. (2) PAOLO VI, Discorso all'Assemblea
Generale delle Nazioni Unite, 4 ottobre 1965: AAS 57 (1965) 878; Encicl. Popolorum
Progressio, 13: AAS 59 (1967) 263. (3) PAOLO VI, Omelia durante la
Messa di chiusura dell'Anno Santo, 25 dicembre 1975: AAS 68 (1976) 145;
GIOVANNI PAOLO II, Encicl. Dives in Misericordia, 30: AAS 72 (1980)
1224. (4) GIOVANNI PAOLO II, Discorso ai
partecipanti alla 35a Assemblea Generale dell'Associazione Medica Mondiale,
29 ottobre 1983: AAS 76 (1984) 390. (5) Cf. Dichiar. Dignitatis Humanae,
2. (6) Costit. past. Gaudium et Spes,
22, GIOVANNI PAOLO II, Encicl. Redemptor Hominis, 8: AAS 71 (1979) 270-272. (7) Cf. Costit. past. Gaudium et Spes, 35. (8) Costit. past. Gaudium et Spes, 15. Cf.
anche PAOLO Vl, Encicl. Popolorum Progressio, 20: AAS 59 (1967) 267;
GIOVANNI PAOLO II, Encicl. Redemptor Hominis, 15: AAS 71 (1979) 286-289; Esort. apost. Familiaris Consortio,
8: AAS 74 (1982) 89. (9) GIOVANNI PAOLO II, Esort. apost. Familiaris Consortio, 11: AAS
74 (1982) 92. (10) Cf. PAOLO VI, Encicl. Humanae
Vitae, 10: AAS 60 (1968) 487488. (11) GIOVANNI PAOLO II, Discorso ai
partecipanti alla 35a Assemblea Generale dell'Associazione Medica Mondiale,
29 ottobre 1983: AAS 76 (1984) 393. (12) Cf. GIOVANNI PAOLO II, Esort.
apost. Familiaris
Consortio, 11: AAS 74
(1982) 91-92; cf. anche Costit. past. Gaudium et Spes, 50. (13) SACRA CONGREGAZIONE PER LA
DOTTRINA DELLA FEDE, Dichiarazione sull'aborto procurato, 9: AAS 66
(1974) 736-737. (14) GIOVANNI PAOLO II, Discorso ai
partecipanti alla 35a Assemblea Generale dell'Associazione Medica Mondiale,
29 ottobre 1983: AAS 76 (1984) 390. (15) GIOVANNI XXIII, Encicl. Mater et Magistra, III: AAS 53 (1961) 447. (16) Costit. past. Gaudium et Spes, 24. (17) Cf. Pio XII, Encicl. Humani
Generis: AAS 42 (1950) 575; PAOLO VI, Professio fidei: AAS 60
(1968) 436. (18) GIOVANNI XXIII, Encicl. Mater
et Magistra, III: AAS 53 (1961) 447: cf. GIOVANNI PAOLO II, Discorso
ai sacerdoti partecipanti a un seminario di studio su "La procreazione
responsabile", 17 settembre 1983: Insegnamenti di Giovanni Paolo
Il, VI, 2 (1983) 562: "All'origine di ogni persona umana v'è un atto
creativo di Dio: nessun uomo viene all'esistenza per caso; egli è sempre il
termine dell'amore creativo di Dio". (19) Cf. Costit. past. Gaudium et Spes, 24. (20) Cf. Pio XII, Discorso
all'Unione Medico-Biologica "S. Luca", 12 novembre 1944: Discorsi
e Radiomessaggi, VI (1944-1945) 191-192. (21) Cf. Costit. past. Gaudium et Spes, 50. (22) Cf. Costit. past. Gaudium et Spes,
51: "Perciò quando si tratta di comporre l'amore coniugale con la
trasmissione responsabile della vita il carattere morale del comportamento
non dipende solo dalla sincera intenzione e dalla valutazione dei motivi, ma
va determinato da criteri oggettivi che hanno il loro fondamento nella natura
stessa della persona umana e dei suoi atti, che sono destinati a mantenere in
un contesto di vero amore l'integro senso della mutua donazione e della
procreazione umana". (23) Costit. past. Gaudium et Spes, n. 51. (24) Santa Sede, Carta dei diritti
della famiglia, art. 4: L'Osservatore Romano, 25 novembre 1983. (25) SACRA CONGREGAZIONE PER LA
DOTTRINA DELLA FEDE, Dichiarazione sull'aborto procurato,12-13: AAS 66
(1974) 738. (26) Cf. PAOLO VI, Discorso ai
partecipanti al XXIII Congresso Nazionale dei Giuristi Cattolici Italiani,
9 dicembre 1972: AAS 64 (1972) 777. (27) L'obbligo di evitare dei rischi
sproporzionati comporta un autentico rispetto degli esseri umani e la
rettitudine delle intenzioni terapeutiche. Esso implica che il medico
"dovrà innanzitutto valutare attentamente le eventuali conseguenze
negative che l'uso necessario di una determinata tecnica d'indagine può avere
sul concepito, ed eviterà il ricorso a procedimenti diagnostici circa la cui
onesta finalità e sostanziale innocuità non si possiedono sufficienti
garanzie. E se come spesso avviene nelle scelte umane, un coefficiente di
rischio dovrà essere affrontato, egli si preoccuperà di verificare che esso
sia compensato da una vera urgenza della diagnosi e dall'importanza dei
risultati con essa raggiungibili in favore del concepito stesso"
(GIOVANNI PAOLO II, Discorso ai partecipanti al Convegno del
"Movimento per la vita", 3 dicembre 1982: Insegnamenti di
Giovanni Paolo II, V 3 [1982] 1512). Questa precisazione sul
"rischio proporzionato" va tenuta presente anche nei passi
successivi di questa Istruzione, tutte le volte in cui ricorre questo
termine. (28) GIOVANNI PAOLO II, Discorso ai
partecipanti alla 35a Assemblea Generale dell'Associazione Medica Mondiale,
29 ottobre 1983: AAS 76 ( I 984) 392. (29) Cf. GIOVANNI PAOLO II, Discorso
ai partecipanti a un Convegno della Pontificia Accademia delle Scienze,
23 ottobre 1982: AAS 75 (1983) 37: "lo condanno nel modo più esplicito e
formale le manipolazioni sperimentali fatte sull'embrione umano, perché
l'essere umano, dal momento del suo concepimento fino alla morte, non può
essere sfruttato per nessuna ragione". (30) SANTA SEDE, Carta dei diritti
della famiglia, art. 4b: L'Osservatore Romano, 25 novembre 1983. (31) Cf. GIOVANNI PAOLO II, Discorso
ai partecipanti al Convegno del "Movimento per la vita", 3
dicembre 1982: Insegnamenti di Giovanni Paolo II, V 3, (1982) 1511:
"Inaccettabile è ogni forma di sperimentazione sul feto che possa
danneggiarne l'integrità o peggiorarne le condizioni a meno che si tratti di
un tentativo estremo di salvarlo da morte". SACRA CONGREGAZIONE PER LA
DOTTRINA DELLA FEDE, Dichiarazione sull'eutanasia, 4: AAS 72 (1980)
550: "In mancanza di altri rimedi, è lecito ricorrere, con il consenso
dell'ammalato, ai mezzi messi a disposizione dalla medicina più avanzata,
anche se sono ancora allo stato sperimentale e non sono esenti da qualche
rischio". (32) Nessuno può rivendicare, prima di
esistere, un diritto soggettivo ad iniziare l'esistenza, tuttavia, è
legittimo affermare il diritto del bambino ad avere un'origine pienamente
umana attraverso il concepimento conforme alla natura personale dell'essere
umano. La vita è un dono che deve essere accordato in maniera degna sia del
soggetto che la riceve sia dei soggetti che la trasmettono. Questa
precisazione va tenuta presente anche per quanto verrà spiegato a proposito
della procreazione artificiale umana. (33) Cf. GIOVANNI PAOLO II, Discorso
ai partecipanti alla 35a Assemblea Generale dell'Associazione Medica Mondiale,
29 ottobre 1983: AAS 76 (1984) 391. (34) Cf. Costit. past. Gaudium et Spes, 50. (35) Cf. GIOVANNI PAOLO II, Esort.
apost. Familiaris
Consortio, 14: AAS 74
(1982) 96. (36) Cf. Pio XII, Discorso ai
partecipanti al IV Congresso Internazionale dei Medici Cattolici, 29
settembre 1949: AAS 41 (1949) 559. Secondo il piano del Creatore,
"I'uomo abbandona suo padre e sua madre e si unisce alla sua donna e i
due diventano una sola carne" (Gen 2, 24). L'unita del
matrimonio, legata all'ordine della creazione, è una verità alla ragione
naturale. La Tradizione e il Magistero della Chiesa si riferiscono sovente al
libro della Genesi, sia direttamente sia attraverso i passi del Nuovo
Testamento che vi fanno riferimento: Mt 19, 4-6; Mc 10, 5-8; Ef
5, 31. Cf. ATENAGORA, Legatio pro christianis, 33: PG 6,965-967; S.
GIOVANNI CRISOSTOMO, In Matthaeum homiliae, LXII, 19 1: PG 58,597 S.
LEONE MAGNO, Epist. ad Rusticum, 4: PL 54,120i, INNOCENZO III Epist. Gaudemus
in Domino: DS 778; CONCILIO DI LIONE II, IV sess.: DS 860; CONCILIO Dl
TRENTO, XXIV sess.: DS 1798.1802; LEONE XIII, Encicl. Arcanum divinae
sapientiae: ASS 12 (1879-80) 388-391; Pio XI, Encicl. Casti Connubii:
AAS 22 (1930) 546-547; CONCILIO VATICANO II, Const. past. Gaudium et Spes,
48; Giovanni PAOLO II, Esort. apost. Familiaris Consortio, 19: AAS 74
(1982) 101-102; C.I.C., can. 1056. (37) Cf. Pio Xll, Discorso ai
partecipanti al IV Congresso Internazionale dei Medici Cattolici, 29 settembre
1949: AAS 41 (1949) 560; Discorso alle congressiste dell'Unione Cattolica
Italiana Ostetriche, 29 ottobre 1951: AAS43 (1951) 850; C.I.C., can.
1134. (38) PAOLO Vl, Encicl. Humanae Vitae,
12: AAS 60 (1968) 488-489. (39) Loc. cit.: ibid.,
489. (40) Pio XII, Discorso ai
partecipanti al II Congresso Mondiale di Napoli sulla fecondità e sterilità
umana, 19 maggio 1956: AAS 48 (1956) 470. (41) C.I.C. can. 1061. Secondo questo
canone, l'atto coniugale è quello per il quale il matrimonio è consumato se i
due sposi "l'hanno posto tra loro in modo umano". (42) Cf. Costit. past. Gaudium et Spes, 14. (43) Cf. GIOVANNI PAOLO II, Udienza
generale, 16 gennaio 1980: Insegnamenti di Giovanni Paolo II, III,
1 (1980) 148-152. (44) GIOVANNI PAOLO II, Discorso ai
partecipanti alla 35a Assemblea Generale dell'Associazione Medica Mondiale,
29 ottobre 1983: AAS 76 (1984) 393. (45) Cf. Costit. past. Gaudium et Spes, 51. (46) Cf. Costit. past. Gaudium et Spes, 50. (47) Cf. Pio XII, Discorso ai
partecipanti al IV Congresso Internazionale dei Medici Cattolici, 29
settembre 1949: AAS 41 (1949) 560: "Sarebbe falso pensare che la
possibilità di ricorrere a questo mezzo (fecondazione artificiale) possa
rendere valido il matrimonio tra persone incapaci a contrarlo a motivo dell'impedimentum
impotentiae". (48) Una questione analoga è trattata
da PAOLO VI, Encicl. Humanae Vitae, 14: AAS60 (1968) 490-491. (49) Cf. sopra I, 1 seg. (50) GIOVANNI PAOLO II, Esort. apost. Familiaris Consortio, 14: AAS 74 (1982) 96. (51) Cf. Risposta del S. Uffizio,
17 marzo 1897: DS 3323; PIO XII, Discorso ai partecipanti al IV Congresso
Internazionale dei Medici Cattolici, 29 Settembre 1949: AAS41 (1949) 560,
Discorso alle congressiste dell'Unione Cattolica Italiana Ostetriche,
29 ottobre 1951: AAS 43 (1951) 850; Discorso ai partecipanti al II
Congresso Mondiale di Napoli sulla fertilità e sterilità umana, 19 maggio
1956: AAS 48 (1956) 471 473; Discorso ai partecipanti al VII Congresso
Internazionale della Società Internazionale di Ematologia, 12 Settembre
1958: AAS 50 (1958) 733; GIOVANNI XXIII, Encicl. Mater et Magistra, III: AAS 53 (1961) 477. (52) Pio XII, Discorso alle
congressiste dell'Unione Cattolica Italiana Ostetriche, 29 ottobre 1951:
AAS43 (1951) 850. (53) Pio XII, Discorso ai partecipanti
al IV Congresso Internazionale dei Medici Cattolici, 29 settembre 1949:
AAS 41 (1949) 560. (54) SACRA CONGREGAZIONE PER LA
DOTTRINA DELLA FEDE, Dichiarazione su alcune questioni di etica sessuale,
9: AAS 68 (1976) 86, che cita la Costit. past. Gaudium et Spes, 51;
cf. Decreto del S. Uffizio, 2 agosto 1929: AAS 21 (1929) 490: Pio XII Discorso
ai partecipanti al XXVI Congresso indetto dalla Società Italiana di urologia,
8 ottobre 1953: AAS45 (1953) 678. (55) Cf. GIOVANNI XXIII, Encicl. Mater et Magistra, III: AAS 53 (1961) 447. (56) Cf. Pio XII, Discorso ai
partecipanti al IV Congresso Internazionale dei Medici Cattolici, 29
settembre 1949: AL4S 41 (1949) 560. (57) Cf. Pio XII, Discorso ai
partecipanti al II Congresso Mondiale di Napoli sulla fertilità e sterilità
umana, 19 maggio 1956: AAS 48 (1956) 471-473. (58) Costit. past. Gaudium et Spes, 50. (59) GIOVANNI PAOLO II, Esort. apost. Familiaris Consortio, 14: AAS 74 (1982) 97. (60) Cf. Dichiar. Dignitatis humanae,
7. |