LETTERA A MONS. GIOVANNI TONUCCI
(Vescovo di Loreto)
PER RICHIESTA DI RISPOSTA
ALLA DENUNCIA PER "IL DELITTO DI FALSO"
A Sua Ecc.za Rev.ma Mons. GIOVANNI TONUCCI
Arcivescovo Delegato-Pontificio di LORETO
Piazza della Madonna, 1 – 60125 LORETO (Ancona) – Fax 071.9747216
e, per conoscenza:
A Sua Santità Benedetto XVI
Stato Città del Vaticano – 00100 Roma – Fax 06.69885378
Alla Congregazione per il Culto Divino e la Disciplina dei Sacramenti
Piazza Pio XII, 10 – 00193 Roma – Fax 06.69883499
Al Prof. Avv. Francesco Dal Pozzo
Via Vecchia Bolognese, 321 – 50010 Firenze – Tel./Fax 055.400707
Loreto, Venerdì 31 ottobre 2008
Vigilia della Solennità di Tutti i Santi
OGGETTO: Richiesta di risposta – a norma del Codice di Diritto Canonico – alla denuncia per “il delitto di falso” sulla “questione lauretana”, presentata ufficialmente in data 29.04.2008.
Ecc.za Rev.ma,
il grande pontefice Beato Pio IX dichiarava: “Vi hanno tempi che più che in altri è opportuno di parlare francamente, coraggiosamente e con tutta libertà. E allora bisogna dire la verità, la verità intera, piena, senza tergiversazioni. Non tolleriamo mai gli smozzicamenti della verità, i mezzi termini, gli accomodamenti. Verità dolce, ma intatta, inviolata”. E il Card. Biffi, in un discorso, asseriva: “Io penso ed affermo: non è la libertà che ci fa veri, ma è la verità che ci fa liberi. Siamo letteralmente invasi dai travisamenti e dalle menzogne: i cattolici in larga parte non se ne avvedono, quando addirittura rifiutano di avvedersene. Se io vengo percosso sulla guancia destra, la perfezione evangelica mi propone di offrire la sinistra. Ma se si attenta alla verità, la stessa perfezione evangelica mi fa obbligo di adoperarmi a ristabilirla: perché, dove si estingue il rispetto della verità, comincia a precludersi per l’uomo ogni via di salvezza”.
Ciò premesso, con umile e sincero rispetto, non posso non esprimerLe il mio vivo rammarico per la Sua reiterata indisponibilità ad una Udienza, che dovrebbe dar seguito – secondo le norme del Diritto Canonico – alle procedure per l’accertamento di quanto esposto nella mia denuncia canonica per “il delitto di falso” sulla “questione lauretana”, presentataLe ufficialmente il 29 aprile u.s. (cfr. all.1-2), con allegata una ingente documentazione dimostrativa.
Ciò appare ancora più urgente anche per lo scopo di una necessaria chiarificazione riguardo all’ultima e ancor più grave “falsificazione storica” operata nella Basilica Lauretana con la collocazione pubblica di un maxi-pannello nel corridoio d’ingresso, descrivente l’impostura del trasporto umano di sole “pietre” della Santa Casa (cfr. all. 3), negando così - in forma ufficiale e definitiva - sia l’autenticità della Santa Casa di Nazareth nella sua integrità e sia la miracolosità delle sue traslazioni: e ciò in stridente e dissacrante contrasto con la solenne e inequivocabile consacrazione pontificia di Clemente VIII presente all’interno della Basilica, incisa sul rivestimento marmoreo della Santa Casa (lato Nord-Est), di cui Le fornii – dietro Sua richiesta – la traduzione italiana il 3 maggio u.s.
L’autorizzazione alla esposizione e alla permanenza di tale pannello è vieppiù ingiustificabile a fronte della mia denuncia canonica, che, essendo antecedente alla collocazione di tale pannello, avrebbe obbligato ad una “sospensione” dell’autorizzazione alla collocazione di tale pannello, e comunque ad una sua “rimozione”, almeno ora. Informatane, in proposito, la competente Autorità Ecclesiastica della Santa Sede, cui non risulta essere pervenuta la mia denuncia a Lei presentata il 29 aprile u.s., ne ho avuto la conferma della giustezza di quanto da me qui sopra lamentato e la disapprovazione della collocazione di tale pannello, e la sua permanenza, con indicazioni sulle procedure canoniche da seguire.
Nel ringraziare pertanto il Suo Vicario, Padre Stefano Vita, che mi ha concesso l’Udienza odierna, certo a Sua conoscenza e con la Sua approvazione e a superamento dei precedenti dinieghi, e di cui pertanto La ringrazio, voglio qui però chiederLe di nuovo una Udienza personale, insieme all’urgente apertura del procedimento canonico da me avviato. Il Codice di Diritto Canonico prescrive infatti “la massima celerità” (can.1513, §.3) in cause come quella da me introdotta. In particolare, il can.1505 recita: “Il giudice (…), dopo aver constatato che la cosa è di sua competenza (…), deve al più presto con un suo decreto ammettere o respingere il libello”. Ciò purtroppo non è ancora avvenuto nel caso della mia denuncia canonica. Per cui, il can.1506 prosegue: “Se il giudice entro un mese dalla presentazione del libello non ha emesso il decreto, con il quale ammette o respinge il libello a norma del can.1505, la parte interessata può fare istanza perché il giudice adempia il suo compito; che se ciononostante il giudice taccia, trascorsi inutilmente dieci giorni dalla data dell’istanza, il libello si consideri ammesso”.
Il Prof. Avv. Francesco Dal Pozzo, a mio nome, in data 2 agosto u.s. (cfr. allegato 4), Le aveva inoltrato istanza, a norma del can.1506, per un urgente sollecito all’avvio della procedura canonica, con richiesta di una nuova Udienza. Non essendo avvenuto nulla di tutto ciò, a norma del can.1506 il mio libello è considerato canonicamente ammesso. Ne segue quanto dispone il can. 1507, §.2: “Se il libello si considera accolto a norma del can.1506, il decreto di citazione in giudizio deve essere dato entri venti giorni dal momento in cui fu fatta l’istanza, di cui in quel canone”.
Pur comprendendo gli innumerevoli impegni di Sua Ecc.za in questo inizio del Suo ministero episcopale nella Diocesi di Loreto, non mi pare tuttavia giustificabile un così rilevante dilazionamento riguardo all’adempimento delle norme canoniche sopra indicate, in una materia che riguarda non un semplice fatto ecclesiastico “privato”, ma un fatto avente una “rilevanza ecclesiale universale”, e della massima gravità in ciò che è una “falsificazione colossale della verità storica sulla Santa Casa” e in ciò che è nel contempo una “grave disobbedienza ai pronunciamenti magisteriali e pontifici secolari”: sia riguardo all’autenticità della Santa Casa e delle sue Miracolose traslazioni, e sia riguardo alle norme liturgiche tuttora in vigore sulla solenne celebrazione della “Traslazione Miracolosa” della Santa Casa il 10 dicembre di ogni anno.
A tale proposito scrissi già al Rettore della Basilica Lauretana, Padre Marzio Calletti (cfr. all.5), in data 24.11.2005:
“Caro Padre Marzio, (…) tu ben conosci quanto stabilisce il Can.837 del Codice di Diritto Canonico, che dichiara: “Le azioni liturgiche non sono azioni private, ma celebrazioni della Chiesa stessa, che è “sacramento di unità”, cioè popolo santo radunato e ordinato sotto la guida dei Vescovi; perciò appartengono all’intero corpo della Chiesa, lo manifestano e lo implicano; i singoli membri poi di esso vi sono interessati in diverso modo, secondo la diversità degli ordini, delle funzioni e dell’attuale partecipazione”. E’ molto chiaro, al riguardo, quanto anche ha scritto la “Congregazione per il Culto Divino e la Disciplina dei Sacramenti” nell’Istruzione “Redemptionis Sacramentum” (25 marzo 2004), al n.5: “L’osservanza delle norme emanate dall’autorità della Chiesa esige conformità di pensiero e parola, degli atti esterni e della disposizione d’animo. Una osservanza puramente esteriore delle norme, come è evidente, contrasterebbe con l’essenza della sacra Liturgia, nella quale Cristo Signore vuole radunare la sua Chiesa perché sia con lui «un solo corpo e un solo spirito»”. E’ evidente da tale enunciato come, anche nel caso della “Traslazione Miracolosa”, non solo si deve celebrare “esteriormente” solo e soltanto la Liturgia della “Miracolosa Traslazione” della Santa Casa, ma bisogna che ci sia anche “conformità” tra atti esterni e disposizione d’animo, tra pensiero e parola, altrimenti – come è stato scritto nel n.5 dell’Istruzione – vi sarebbe “contrasto” con “l’essenza della sacra Liturgia”, “nella quale Cristo Signore vuole radunare la sua Chiesa perché sia con lui «un solo corpo e un solo spirito»”. Come a dire, nel caso nostro, celebrare la “Traslazione Miracolosa” senza crederci è “un dividere” Cristo dal suo “corpo”, che è la Chiesa e i fedeli ad essa appartenenti, che vi credono perché vi crede “la Chiesa”. Inoltre, detto in parole più esplicite e fraterne: celebrare la “Traslazione Miracolosa” senza crederci è manifestazione di “ipocrisia”!... perché, o si celebra la Liturgia per ciò che essa intende onorare “per vero”, o se ne chiede la soppressione al Sommo Pontefice se ciò che si celebra “liturgicamente” e “ufficialmente” fosse risultato “non vero” nella realtà storica.
Non si può quindi celebrare la Liturgia della “Miracolosa Traslazione” della Santa Casa e poi dare ai fedeli dei libretti (o lasciarli disponibili nel Santuario) in cui si afferma che non c’è mai stata una “Traslazione Miracolosa”: ciò diverrebbe un’autentica “contraffazione”, non solo della “verità” della “traslazione miracolosa”, ma anche della Liturgia Cattolica, come sta scritto al n.169 dell’Istruzione “Redemptionis Sacramentum”: “Quando si compie un abuso nella celebrazione della sacra Liturgia, si opera un’autentica contraffazione della Liturgia Cattolica. Ha scritto san Tommaso: «incorre nel vizio di falsificazione chi per conto della Chiesa manifesta a Dio un culto contro la modalità istituita per autorità divina dalla Chiesa e consueta in essa» (S. Tommaso d’Aquino, Summa Theol., II, 2, q. 93, a. 1). Quando ciò dovesse avvenire, il n.184 dell’Istruzione “Redemptionis Sacramentum” dispone ancora che: “Ogni cattolico, sia Sacerdote sia Diacono sia fedele laico, ha il diritto di sporgere querela su un abuso liturgico presso il Vescovo diocesano o l’Ordinario competente a quegli equiparato dal diritto o alla Sede Apostolica in virtù del primato del Romano Pontefice. E’ bene, tuttavia, che la segnalazione o la querela sia, per quanto possibile, presentata dapprima al Vescovo diocesano. Ciò avvenga sempre con spirito di verità e carità”. E’ infatti il Vescovo il primo responsabile di ciò che si compie nella propria Diocesi, per cui, dichiara ancora l’Istruzione “Redemptionis Sacramentum” al n.177: “Poiché deve difendere l’unità della Chiesa universale, il Vescovo è tenuto a promuovere la disciplina comune a tutta la Chiesa e perciò a urgere l’osservanza di tutte le leggi ecclesiastiche. Vigili che non si insinuino abusi nella disciplina ecclesiastica, soprattutto nel ministero della parola, nella celebrazione dei sacramenti e dei sacramentali, nel culto di Dio e dei Santi” (Codice di Diritto Canonico, can. 838, §.4).
Altrettanto si deve dire riguardo alla proclamazione della Vergine Lauretana quale “Patrona degli Aviatori”, così dichiarata il 24 marzo 1920 dal Sommo Pontefice Benedetto XV in esplicito riferimento e rinnovata approvazione dell’autenticità dei “voli miracolosi” della Santa Casa, trasportata “in vari luoghi”, sino a Loreto, per “il ministero angelico”, tra gli anni 1291-1296, come ampiamente documentato da migliaia e migliaia di attestazioni storiche secolari, compendiate anche nel mio libro “La veridicità storica della Miracolosa Traslazione della Santa Casa di Nazareth a Loreto” e in tanti altri innumerevoli scritti da me elaborati e pubblicati in varie riviste e in Internet agli indirizzi www.lavocecattolica.it/santacasa.htm; www.telemaria.it; www.lavocecattolica.it/giornale.informatico.htm.
A proposito del mio libro - già consegnato a Lei, Ecc.za, nell’Udienza del 29 aprile -, ho chiesto più volte al Padre Santarelli di renderlo disponibile nelle Librerie della Santa Casa, ove molti fedeli lo hanno talvolta cercato, senza averlo mai potuto reperire, perché mi è stato sempre impedito di poterlo dare e di farlo esporre in tali Librerie di proprietà della Prelatura Pontificia. Chiedo pertanto ora a Lei, in questo scritto, tale permesso, perché anche tale occultamento di studi oggettivi - fatti a dimostrazione e sostegno dell’insegnamento della Chiesa sulla “veridicità storica” delle “Miracolose Traslazioni” e dell’autenticità della Santa Casa nella sua “integrità” -, costituisce una grave ingiustizia ed una offesa a quanti sono in una sincera ricerca della “verità”.
Pertanto, in conclusione, mentre Le formulo ancora la richiesta di una Udienza direttamente con Lei, onde meglio illustrarLe tutto quanto sopra esposto, con il presente scritto sono rispettosamente a ricordarLe quanto recita il can.1453: “Giudici e tribunali provvedano, salva la giustizia, affinché tutte le cause si concludano al più presto, di modo che non si protraggano più di un anno nel tribunale di prima istanza, e non più di sei mesi nel tribunale di seconda istanza”. Mi permetto di farLe presente che tali tempi canonici, da precedenti Autorità da me interpellate “formalmente” per circa un decennio, mai hanno trovato “obbedienza” – ad eccezione di Mons. Angelo Comastri (cfr. all. 6) - agli enunciati vincolanti disposti dal Diritto Canonico, trasgredendo palesemente, forse per superficialità o forse per ignoranza, il can.1457, che dichiara: “I giudici che, essendo sicuramente ed evidentemente competenti, si rifiutano di giudicare (…), o per dolo o negligenza grave procurano altro danno ai contendenti, possono essere puniti dall’autorità competente con congrue pene, non esclusa la privazione dell’ufficio”.
Ecc.za Rev.ma, posso qui dichiararLe con franchezza che il mio sforzo ormai ventennale per il ripristino della “verità” sulla Santa Casa nella Basilica Pontificia Lauretana, quasi sempre vanificato “per dolo o negligenza grave” delle Autorità Ecclesiastiche interpellate, mi ha già procurato “sofferenze di ogni genere” e “continui e ingenti danni”: morali, economici, lavorativi, fisici ed esistenziali. Tuttavia non mi sono mai sottratto né mai mi sottrarrò a tale mio impegno - dettatomi dalla mia “COSCIENZA” - fintantoché “la verità” sulla Santa Casa non verrà “ripristinata” nella Basilica Lauretana e nella Chiesa in tutta la sua pienezza ed in tutto il suo splendore.
Restando in fiduciosa attesa di una Sua risposta scritta, entro il 10 dicembre p.v., alle istanze di cui sopra, in adempimento delle norme del Diritto Canonico, mi creda Suo devoto figlio.
Prof. GIORGIO NICOLINI
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dal 4 febbraio 2009
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